Il Consiglio di Stato nella sentenza si è pronunciato in merito a diversi aspetti statuendo in particolare che:
non può essere concessa l’autorizzazione postuma al superamento dei limiti dimensionali qualora non sussistano, o comunque la parte richiedente non alleghi, i gravi e giustificati motivi di cui all’art. 7 del d.P.C.S. 22 dicembre 2016;
qualora l’interessato abbia fatto inequivoco riferimento alla disciplina dell’accesso oggetto della l. n. 241 del 1990, l’Amministrazione deve esaminare l’istanza unicamente sotto i profili dettati da tale ultima legge e non anche con riferimento all’accesso civico generalizzato;
qualora l’Amministrazione non provveda espressamente sulla domanda di accesso, l’interessato non può proporre l’azione ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a. sostenendo di aver azionato l’accesso civico generalizzato, se nell’istanza era stato fatto inequivoco riferimento alla disciplina dell’accesso oggetto della l. n. 241 del 1990: in caso di mancata risposta dell’Amministrazione sull’istanza di accesso ai sensi della l. n. 241 del 1990 si forma infatti il silenzio diniego, che l’interessato ha l’onere di impugnare entro il termine di decadenza;
ed in particolare in materia di accesso alle informazioni ambientali che:
l’accesso alle informazioni ambientali, di cui all’art. 1 d.lgs. n. 195 del 2005, è finalizzato a far conoscere al pubblico e quindi alla collettività le informazioni che riguardano l’ambiente in un’ottica di trasparenza e di massima diffusione; dunque, non può essere qualificato come tale l’accesso chiesto da un’impresa per la difesa dei propri interessi in giudizio, in relazione ai procedimenti civili, penali e amministrativi pendenti a suo carico diretti a verificare eventuali impatti dell’attività gestita sulle matrici ambientali circostanti.
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it