Secondo i giudici del Consiglio di Stato ha carattere meramente semplificativo l’elencazione contenuta nell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 – rimasto invariato dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 56 del 19 aprile 2017 – nella parte in cui fa rientrare tra i “gravi illeciti professionali”, dei quali la stazione appaltante deve dimostrare “con mezzi adeguati” che l’operatore economico si sia reso colpevole, anche “le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni”.
E’ questa la principale indicazione, assai rilevante, contenuta all’interno della sentenza 1299/2018 dello scorso 2 marzo del Consiglio di Stato, dove in primis si sottolinea che la norma, oltre ad individuare, a titolo esemplificativo, gravi illeciti professionali rilevanti, ha anche lo scopo di alleggerire l’onere della stazione appaltante di fornirne la dimostrazione con “mezzi adeguati”.
L’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella lett. c) del comma 5 dell’art. 80, ad avviso della quinta sezione di Palazzo Spada, è meramente esemplificativa, per come si evince sia dalla possibilità della stazione appaltante di fornirne la dimostrazione “con mezzi adeguati”, sia dall’incipit del secondo inciso (“Tra questi – (id est, gravi illeciti professionali – rientrano: […]”) che precede l’elencazione. La norma, oltre ad individuare, a titolo esemplificativo, gravi illeciti professionali rilevanti, ha anche lo scopo di alleggerire l’onere della stazione appaltante di fornirne la dimostrazione con “mezzi adeguati”.
Inoltre, “le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione” rilevano “[…] se anche singolarmente costituiscono un grave illecito professionale ovvero se sono sintomatici di persistenti carenze professionali”, come specificato al punto 2.2.1.2 e delle linee guida Anac n. 6 del 2016/2017; il successivo punto 2.2.1.3 delle stesse linee guida comprende nell’elencazione delle significative carenze rilevanti, tra le altre, il singolo inadempimento di una obbligazione contrattuale o l’adozione di comportamenti scorretti o il ritardo nell’adempimento.
La sussistenza e la gravità dell’inadempimento o del ritardo ovvero del comportamento scorretto ai fini dell’esclusione dalla gara sono dimostrate, per tabulas, ed obbligano all’esclusione, ogniqualvolta essi abbiano prodotto gli effetti tipizzati dalla norma; con la precisazione – contenuta al punto 2.2.1.1 delle dette linee guida – che costituisce mezzo adeguato di dimostrazione (da valutarsi a cura della stazione appaltante, ma non automaticamente escludente) anche il provvedimento esecutivo di risoluzione o di risarcimento, prima che esso sia passato in giudicato. Siffatta ricostruzione della portata della norma, tuttavia, non comporta, a parere del Collegio, una preclusione automatica della valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante della gravità di inadempienze che, pur non immediatamente riconducibili a quelle tipizzate, quanto agli effetti prodotti, siano tuttavia qualificabili come “gravi illeciti professionali” e siano perciò ostative alla partecipazione alla gara perché rendono dubbie l’integrità o l’affidabilità del concorrente. Piuttosto, in tale eventualità – vale a dire quando esclude dalla partecipazione alla gara un operatore economico perché considerato colpevole di un grave illecito professionale non compreso nell’elenco dell’art. 80, comma 5, lett. c) – la stazione appaltante dovrà adeguatamente motivare in merito all’esercizio di siffatta discrezionalità (che concerne la gravità dell’illecito, non la conseguenza dell’esclusione, che è dovuta se l’illecito è considerato grave) e dovrà previamente fornire la dimostrazione della sussistenza e della gravità dell’illecito professionale contestato con “mezzi adeguati”.
La V Sezione del Consiglio di Stato ha escluso un contrasto di tale interpretazione con i principi comunitari.