Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha adottato il Decreto 17 settembre 2025 che introduce una profonda modifica nei criteri di ripartizione delle risorse economiche destinate alle spese di personale nell’ambito del Piano straordinario di potenziamento dei Centri per l’impiego e delle politiche attive del lavoro.
L’obiettivo dichiarato del provvedimento è superare la precedente impostazione, ritenuta eccessivamente rigida e focalizzata sulla mera assunzione di personale (la cui soglia era fissata in via indicativa a 11.600 unità). A partire dal 2025, si passa a un’interpretazione che favorisce l’utilizzo delle risorse proporzionalmente assegnate a ciascuna Regione.
Il fulcro della modifica risiede nel criterio di valutazione: non sarà più il numero di operatori assunti a fare fede, ma l’indice di performance diventerà il raggiungimento dei tetti di spesa nell’ambito della quota massima attribuita a ciascuna amministrazione regionale. Questo aggiornamento risponde alla necessità di adeguarsi alla multiformità del rafforzamento sui diversi territori, che hanno assunto profili professionali differenti in base al proprio fabbisogno.
La nuova ripartizione prevede un meccanismo misto:
- Quota di stabilità (80%): l’ottanta per cento degli attuali stanziamenti per il personale rimane inalterato per ogni Regione, garantendo una base fissa di finanziamento.
- Quota di premialità (20%): il restante venti per cento delle risorse viene riparametrato in proporzione allo stato di avanzamento della spesa registrato dalla Regione stessa.
Questo meccanismo è stato pensato per premiare le Regioni che, sin dall’avvio del Piano straordinario, hanno dimostrato maggiore efficacia nell’investire le risorse assegnate, pur evitando di penalizzare in modo eccessivo le amministrazioni meno rapide.
Il Decreto, che ha ricevuto l’intesa della Conferenza Stato-Regioni il 30 luglio 2025, sostituisce gli Allegati D ed E del precedente decreto ministeriale n. 74 del 2019. Si conferma, inoltre, che le quote destinate alle Province autonome di Trento e Bolzano non sono erogate e vengono acquisite al bilancio dello Stato.