I giudici del Tribunale amministrativo di Milano hanno stabilito con la sentenza 2597/2019 quali siano i presupposti che devono sussistere per l’applicazione da parte di un comune del canone non ricognitorio di cui all’art. 27 del D.lgs. 285/1992.
Ricordano innanzitutto i giudici amministrativi lombardi che le questioni sui presupposti e sull’applicazione del canone non ricognitorio, di cui all’art. 27 del D.lgs. 285/1992, sono state ormai definitivamente risolte dalla giurisprudenza che ha chiaramente affermato il principio per cui la norma citata va interpretata nel senso che l’assoggettamento al canone presuppone un’occupazione o un uso della strada che ne pregiudichi in tutto o in parte l’uso pubblico.
L’imposizione del canone è dunque legittima solo se consegue a una limitazione o modulazione della possibilità del suo tipico utilizzo pubblico, e non invece a fronte di tipologie e modalità di utilizzo che non ne precludono ordinariamente la generale fruizione, come nell’ipotesi della posa di cavi e tubi interrati (tale è il caso di specie): per tali impianti, l’imposizione di un canone non ricognitorio si giustifica nell’intervallo durante il quale le lavorazioni di posa e realizzazione dell’infrastruttura a rete impediscono la piena fruizione della sede stradale, mentre ne manca la ragione in difetto di tale occupazione esclusiva, cioè quando la presenza in loco dell’infrastruttura di servizio a rete non riduce la pubblica fruizione della sede stradale.
Pertanto, in questa occasione, i giudici amministrativi hanno considerato illegittimo il regolamento impugnato, poiché impone prestazioni generalizzate, individuando tariffe unitarie per il calcolo del canone non ricognitorio, senza alcuna considerazione delle caratteristiche specifiche di ciascuna occupazione e senza alcuna valutazione in merito all’eventuale sottrazione della risorsa viaria all’uso da parte della collettività, requisito invece indispensabile ai fini dell’esigibilità dell’onere in esame.