Secondo uno studio commissionato da Aws a Strand Partners, permettere alle Pmi digitali di partecipare più facilmente agli appalti pubblici europei potrebbe generare 1,8 milioni di nuovi posti di lavoro e 117 miliardi di euro di valore aggiunto lordo. Il rapporto, dal titolo “Appalti semplici e digital-first”, sottolinea il ruolo strategico di queste imprese nel Decennio Digitale e nel Green Deal, ma evidenzia difficoltà significative: processi complessi, costi elevati e regole frammentate scoraggiano la partecipazione, con il 43% delle Pmi digitali europee che non partecipa mai e solo il 12% che ottiene alti ritorni dagli appalti.
In Italia, le Pmi digitali mostrano una buona maturità tecnologica: il 67% usa il cloud, il 43% l’intelligenza artificiale e il 40% soluzioni di cybersecurity, in linea con la media europea. Tuttavia, meno della metà le considera parte della propria strategia di crescita, e il 41% non ha mai presentato un’offerta. Tra chi partecipa, quasi la metà si ritira prima della conclusione della gara a causa di procedure complesse e oneri documentali gravosi. Solo il 34% delle offerte italiane si concretizza in un contratto, ma chi vince ottiene ritorni leggermente superiori alla media europea.
Le principali difficoltà riguardano la complessità dei processi (71%), la documentazione eccessiva (46%), la scarsa visibilità delle opportunità (34%) e l’applicazione incoerente delle regole (solo l’8% la giudica uniforme). La partecipazione transfrontaliera resta difficile, così come la fiducia nella capacità degli acquirenti pubblici di adottare soluzioni digitali, giudicata pienamente pronta solo dal 5% delle Pmi italiane.
Secondo lo studio, la partecipazione potrebbe aumentare con documenti più semplici (48%), piattaforme coerenti (47%) e strumenti digitali di supporto alle offerte (42%). L’adozione di queste riforme potrebbe trasformare gli appalti pubblici in un motore di innovazione e crescita per l’Europa e l’Italia.