Conosciamo le città metropolitane, sappiano cosa siano i piccoli Comuni, ci domandiamo però cosa debba intendersi per “città medie”. Se vogliamo saperne e capirne di più non possiamo prescindere dallo studio realizzato da Anci e da Ifel e presentato a Parma in occasione della prima Conferenza annuale dei Sindaci di queste realtà urbane. Chiara la definizione che si ricava dalla lettura di questo importante testo: “Una realtà complessa e articolata che riveste un ruolo cruciale di ‘nodo funzionale e gestionale’ di territori strategici sotto il profilo economico e occupazionale, delle infrastrutture e del sistema della formazione e della ricerca. Ma soprattutto una vera e propria cerniera tra aree urbane e rurali, al contempo punto di accesso per i piccoli e piccolissimi Comuni a filiere produttive specializzate e di connessione con le vicine Città Metropolitane. Questo l’identikit che ben si attaglia ai 97 capoluoghi di provincia che costituiscono l’ossatura del Paese e una risorsa fondamentale per lo sviluppo dell’intero Sistema Italia. Di qui una serie di numeri e di dati indispensabili a fotografare la dimensione urbana in questione che il dossier snocciola con perizia
Le province, che raggruppano l’84% dei Comuni pari a 6.650, sono molto eterogenee quanto al numero degli enti che le compongono. Da Cuneo, che conta il maggior numero di comuni (247, di cui il 90% sotto i 5.000 abitanti) fino all’opposto di Prato che ha solo sette Comuni. La gran parte dei piccoli comuni, che sono quasi il 70% dei comuni, è presente nelle 93 province (4.849). Interessante è inoltre la distribuzione geografica delle aree interne, relativa alla cosiddetta Strategia Nazionale delle Aree Interne: vi partecipa poco più della metà dei Comuni italiani, in buona parte ancora una volta concentrati nelle 93 Province.
La popolazione residente nei Comuni capoluogo di provincia ammonta a quasi 8,5 milioni, mentre sono oltre 30 milioni gli abitanti residenti negli altri comuni delle corone provinciali. E’ uno degli aspetti messi in luce dal dossier realizzato da Anci e Ifel e diffuso in concomitanza con la prima Conferenza annuale dei Sindaci delle Città medie in corso di svolgimento a Parma.
Secondo lo studio, invece, nelle città metropolitane la situazione è capovolta: la popolazione è maggiormente concentrata nei comuni capoluogo (9,5 milioni di persone) piuttosto che nei capoluoghi (12,3 milioni gli abitanti nei comuni delle corone).
I Comuni capoluogo di Provincia hanno un’estensione territoriale di quasi 16mila chilometri quadrati; solo il 16% di questo territorio risulta urbanizzato, con forti differenze tra nord, centro e sud Italia. Nei capoluoghi del nord l’urbanizzato raggiunge talvolta anche punte superiori al 60% (Biella, Como, Bergamo, Monza, Brescia, Udine e Padova); l’unico capoluogo del sud ad avere una percentuale altrettanto alta è Pescara con il 77%.
In generale, vive nelle 93 province italiane il 64% della popolazione italiana. L’invecchiamento della popolazione italiana è un fenomeno più evidente nei capoluoghi (di provincia e di città metropolitana) piuttosto che nei comuni esterni. Sono soprattutto i capoluoghi del nord a registrare il più alto tasso di invecchiamento della popolazione (25,1% nei capoluoghi di provincia, 25,2 nei capoluoghi di città metropolitane).
I Comuni capoluogo di provincia accolgono quasi 1,2 milioni di laureati, pari a quasi il 20% dei laureati italiani. In misura percentuale nei comuni capoluogo di provincia ha un titolo universitario il 15,1% della popolazione da sei anni in su. Le città capoluogo – sia di provincia che di città metropolitane – accolgono la stragrande maggioranza dei corsi di laurea. Infine quasi la metà dei corsi di laurea è presente nei capoluoghi di provincia, equamente distribuiti tra nord, centro e sud del Paese. Il reddito imponibile per contribuente delle città capoluogo risulta più alto di quasi 4 mila euro rispetto al territorio circostante, un differenziale minore a quello che si osserva nel rapporto tra capoluogo metropolitani e territori che ammonta invece a 6.700 euro. Lo sottolinea il dossier Anci Ifel sulle Città medie che evidenzia anche una forte differenziazione della base economica delle città e dei territori. Le prime sono spesso votate ad attività di servizi rivolte alla popolazione e alle imprese; i territori circostanti al contrario mostrano una base economica più diversificata, in cui spicca tuttavia una prevalente specializzazione manifatturiera. In poche città capoluogo si è conservata una base economica manifatturiera: alcune città dell’Emilia e Mantova a nord; Forli in Romagna, Arezzo; Fermo, Macerata e Frosinone al centro Italia; Brindisi e Taranto al sud. Infine, lo studio offre uno spaccato del potenziale finanziario delle Città medie. Pur dovendo farsi carico del notevole contributo richiesto in questi anni per il risanamento dei conti pubblici, le Città medie continuano a mostrare una buona tenuta di bilancio. In particolare, nella quasi totalità dei casi persiste la presenza di rassicuranti margini di parte corrente ancora effettivamente disponibili, che costituiscono, almeno in una prospettiva di breve/medio periodo, una garanzia di tutela dei servizi fondamentali storicamente erogati a cittadini e imprese del territorio. L’impegno nel conseguimento di equilibri correnti apprezzabili trova un’indiretta conferma nel dato relativo alla capacità di riscossione delle entrate proprie correnti, il cui valore medio risulta nel complesso rassicurante, pur con la ridotta performance delle Città medie del Sud-Isole.