Al sindaco di Favria (Torino), Serafino Ferrino, si è rivolta una coppia di ragazzi omosessuali per chiedere la celebrazione di un’unione civile, ma il primo cittadino si è rifiutato sia di dar seguito all’unione sia di delegare qualcuno a farlo. “Sono cattolico praticante, sono contrario alle unioni gay, ciò non ha nulla a che vedere con gli omosessuali, ma io credo che la famiglia sia fatta da un uomo e una donna per creare dei figli”, spiega Ferrino, che è stato eletto con una lista civica.
“Chiedo alla nazione di essere obiettore di coscienza – sottolinea il primo cittadino – Perché un medico può essere obiettore e io no?”. Il sindaco non intende neppure dare la delega a qualcuno: “Nel momento in cui delego, significa che condivido e io invece non condivido”. “Fermo restando che qualora il sindaco si rifiuti di celebrare, può farlo senza necessità di delega l’ufficiale di stato civile – osserva Ferrino – Molti nel silenzio delegano e non parlano. Io invece non voglio delegare e voglio sapere perché, su un fatto così importante, non posso essere obiettore”.
“Chiedo che a livello parlamentare si approvi un emendamento – continua – per permettere a noi amministratori di essere obiettori di coscienza”. Ferrino ha parlato con gli organizzatori del Family Day: “Mi dicono che già un centinaio di sindaci, dopo l’approvazione della legge Cirinnà, ha fatto opposizione”.
Intanto le Associazioni ProVita e Giuristi per la Vita hanno offerto «pieno sostegno anche a livello giuridico» ai sindaci obiettori. Quelli che hanno chiesto (invano) al Parlamento di prevedere l’obiezione di coscienza nella legge sul matrimonio gay.
Il sostegno vale «per qualsiasi problematica di tipo legale che possa insorgere» dal porre in essere gesti o attività come il rifiutarsi di costituire e registrare un’unione civile tra persone dello stesso sesso, la delega a terzi dei relativi compiti, oppure l’obiezione di coscienza integrale da parte dell’amministrazione locale.
«La sentenza numero 467 del 1991 della Consulta sottolinea Antonio Baldassarre, presidente emerito della Corte Costituzionale – afferma una tutela della coscienza individuale quando sono in gioco valori morali importanti. La legge Cirinnà ha un carattere sostanziale per la nostra società. Pertanto ritengo che l’obiezione di coscienza possa essere esercitata da un pubblico ufficiale quando a questi sia richiesto di celebrare unioni civili tra due persone omosessuali».«Il rifiuto di celebrare’unioni civili – interviene Toni Brandi, presidente di ProVita – non si basa su opinioni personali contrarie alla legge, ma sull’esigenza avvertita dalla coscienza di rispondere a una legge superiore: la legge naturale. Perciò non ci fermeremo e siamo pronti a portare queste istanze davanti alla Corte Costituzionale».
La presidente di Arcigay Torino, Francesca Puopolo ritiene «imbarazzante che il Sindaco si celi dietro l’obiezione di coscienza, non trovando altro modo per impedire l’unione. La legge sulle unioni civili non prevede la possibilità di obiezione di coscienza, al contrario in caso di rifiuto di celebrare l’unione ci si può appellare ai principi del nostro ordinamento giuridico come quelle che puniscono l’omissione o il rifiuto di atti d’ufficio da parte di pubblico ufficiale». E prosegue: «La società cambia e con essa nascono nuove famiglie, che hanno la stessa dignità a prescindere dalla loro composizione; chi si oppone è fuori dalla storia. Chiediamo dunque al sindaco Ferrino di riflettere sulle sue affermazioni e di celebrare questa unione. Se si arroccherà sulle proprie posizioni, ci proponiamo di celebrare noi stessi l’unione civile»