L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) fissa un paletto netto nella gestione delle concessioni pubbliche: durante l’esecuzione di un contratto non è consentito apportare modifiche sostanziali. L’eventuale necessità di tali variazioni, infatti, fa scattare l’obbligo per la stazione appaltante di risolvere il contratto in essere e di procedere all’indizione di una nuova gara di affidamento.
Il chiarimento è stato ribadito con il Parere in funzione consultiva n. 40/2025.
Variazioni profonde uccidono il contratto
Il principio si applica ogni qualvolta le modifiche siano così rilevanti da alterare l’equilibrio della concessione o i presupposti della gara originaria. L’Autorità ha affrontato il caso di una concessione sospesa in seguito all’intervento di nuove prescrizioni normative regionali che avrebbero imposto un adattamento dell’intervento. Tale adeguamento era stato ritenuto dall’ente come una variazione sostanziale, in grado di modificare il piano economico-finanziario a esclusivo vantaggio del concessionario.
In casi come questo, l’ANAC esclude categoricamente la possibilità di rinegoziare i termini. L’ente deve invece risolvere il contratto in essere, riconoscendo al concessionario l’indennizzo previsto dalla disciplina di settore.
La tutela del principio di concorrenza
A sostegno di questa impostazione, l’ANAC richiama le disposizioni degli articoli 175 e 176 del Codice degli Appalti (d.lgs. 50/2016). La normativa stabilisce che una nuova procedura di aggiudicazione è sempre richiesta per modifiche delle condizioni diverse da quelle già previste in modo tassativo dalla legge.
Tali disposizioni, che recepiscono la direttiva europea 2014/23/UE, mirano a tutelare il principio di concorrenza. Quando il rapporto contrattuale si altera in modo significativo, solo l’indizione di una nuova gara può garantire che la concorrenza venga rispettata e che l’affidamento avvenga alle condizioni più eque e vantaggiose per la Pubblica Amministrazione.
Fonte: ANAC