Una recente sentenza della Corte dei Conti (Sez. II App., n. 189/2025) riafferma con forza un principio cardine della contabilità pubblica: le controversie tra un’amministrazione pubblica e i suoi agenti contabili (coloro che gestiscono, incassano e versano somme pubbliche) rientrano senza ombra di dubbio nella giurisdizione contabile.
La decisione, che respinge l’appello di un ricorrente, chiarisce i confini della competenza contabile, distinguendola nettamente sia dal giudizio di responsabilità (per danno erariale) sia dal giudizio di conto (sulla rendicontazione).
Non solo danno erariale: la competenza sul rapporto credito/debito
Il punto cruciale della sentenza è la conferma che la giurisdizione della Corte dei Conti si estende alle controversie che riguardano rapporti reciproci di credito/debito e la contabilità pubblica, anche quando:
- Non c’è un danno erariale: l’oggetto del contendere non era una pretesa risarcitoria da parte della Procura contabile per un danno o un ammanco causato da dolo o colpa grave.
- Non è un giudizio di conto: la lite non riguardava la contestazione di un rendiconto specifico. L’atto in discussione, nello specifico un’ingiunzione fiscale, non mirava a una condanna per danno, ma a far valere un semplice credito derivante dalla legge tra enti (es. Province e Comuni).
In pratica, la Corte ha ribadito che la sua competenza è strutturale per risolvere queste liti “interne” al sistema della contabilità, richiamando la consolidata giurisprudenza della Cassazione.
Tre distinzioni chiave: conto, responsabilità e istanza di parte
La sentenza è anche l’occasione per la magistratura contabile di ribadire le tre categorie principali di giudizi di sua competenza:
- Giudizio di Responsabilità: riguarda il danno erariale inferto al patrimonio pubblico. È attivato in via esclusiva dal Pubblico Ministero contabile.
- Giudizio di Conto: presuppone l’esistenza di un “conto giudiziale” e la contestazione delle partite contabili in esso registrate.
- Giudizio a Istanza di Parte (Art. 172, lett. d): agisce come una clausola di chiusura del sistema. Fornisce uno strumento processuale per risolvere tutte quelle controversie tra enti pubblici e i loro agenti che, pur attenendo alla contabilità pubblica, non rientrano nelle prime due tipologie. È in quest’ultima categoria che rientrano le liti come quella esaminata.
La Corte ha dunque rigettato la tesi dell’appellante, che mirava a far prevalere un precedente isolato di altra sezione, rafforzando la sua interpretazione della legge come giudice naturale di queste specifiche controversie finanziarie tra la pubblica amministrazione e i suoi amministratori.
Fonte: Ufficio Massimario della Corte dei Conti