La quarta sezione del Consiglio di Stato, nella sentenza 7093/2021, offre un orientamento preciso sulla legittimità dell’affidamento diretto del servizio di gestione ambientale alla società in house del comune, nonostante quest’ultimo sia titolare di una partecipazione pulviscolare.
E’ legittimo l’affidamento diretto del servizio di gestione ambientale alla società in house del comune, nonostante quest’ultimo sia titolare di una partecipazione infinitesimale. Malgrado, infatti, una partecipazione “pulviscolare” sia in principio inidonea a consentire ai singoli soggetti pubblici partecipanti di incidere effettivamente sulle decisioni strategiche della società, cioè di realizzare una reale interferenza sul conseguimento del c.d. fine pubblico di impresa in presenza di interessi potenzialmente contrastanti, i soci pubblici ben possono sopperire a detta debolezza stipulando patti parasociali al fine di realizzare un coordinamento tra loro, in modo da assicurare il “loro controllo sulle decisioni più rilevanti riguardanti la vita e l’attività della società partecipata” . Nel caso di specie la possibilità di esercizio, in modo coordinato e concordato del controllo analogo congiunto sulla società sarebbe garantito dall’esistenza e dalla partecipazione della stessa al Comitato Unitario nonché dalla disciplina del “Regolamento di funzionamento del Comitato Unitario per l’esercizio del controllo analogo”, approvato dal Comitato Unitario per il Controllo Analogo allegato alla deliberazione di affidamento. Per cui, in difetto di una prova contraria, la mera prospettazione del carattere “pulviscolare” della partecipazione non è in grado di incidere sulla tenuta e validità del modello in house concretamente adoperato.
L’affidamento diretto ad una società in house è consentito, in particolare, a condizione che la società non sia terza rispetto all’ente affidante ma una sua articolazione. Tra socio pubblico controllante e società v’è, infatti, una relazione interorganica e non intersoggettiva. E’ necessario che tale relazione intercorra tra soci affidanti e società, non anche tra la società e altri suoi soci (non affidanti o non ancora affidanti), rispetto ai quali la società sarebbe effettivamente terza. In caso di società partecipata da più enti pubblici, il controllo analogo può essere esercitato in forma congiunta e che, inadeguati a tal fine i poteri a disposizione dei soci secondo il diritto comune, sia necessario dotare i soci di appositi strumenti che ne consentano l’interferenza in maniera penetrante nella gestione della società. L’art. 11, c. 9, lett. d) d.lgs. n. 175 del 2016 ha introdotto il divieto per gli statuti delle società a controllo pubblico di “istituire organi diversi da quelli previsti dalle norme generali in tema di società”. Ciò potrebbe lasciar supporre che sia precluso ai soci pubblici di istituire organi speciali per esercitare il controllo congiunto sulla società in house. La giurisprudenza ha però escluso che vi sia divieto di istituire organi speciali; in quanto: (i) il divieto è previsto in relazione alle “società a controllo pubblico” disciplinate appunto dall’art. 11, e non è ripetuto nell’art. 16 dedicato proprio alle società in house, la cui disciplina appare, pertanto, speciale e derogatoria; (ii) rispetto alle società a controllo pubblico, per le quali, l’art. 2, c. 1, lett. m) d.lgs. n. 175 del 2016 richiede che il controllo si esplichi nelle forme dell’art. 2359 cod. civ., le società in house sono sottoposte a quella forma particolare di controllo pubblico che è costituita dal controllo analogo.