Nuovo fronte tra gli enti locali e l’amministrazione centrale sui soldi versati al fisco: le tasse aeroportuali. Da un lato – come parte lesa – i Comuni sede degli scali tricolori e dall’altra il Tesoro, sul banco degli imputati per aver trattenuto in dieci anni 90 milioni di imposte destinate per legge ai municipi come risarcimento per i disagi ambientali e logistici legati alla prossimità con decine (a volte centinaia) di decolli e atterraggi al giorno.
La contesa, non nuova, rischia ora di approdare in tribunale con uno scontro fratricida tra organi dello Stato: il 26 febbraio l’Associazione nazionale Comuni italiani ha inviato una lettera al ministro Pier Caro Padoan e al dicastero delle infrastrutture chiedendo un incontro urgente per sbloccare la situazione. Missiva rimasta senza risposta, come le altre spedite negli ultimi anni. E in assenza di novità, il 22 marzo il “parlamentino” degli enti locali tricolori passerà al contrattacco. Raccogliendo le adesioni – sedici sono già arrivate, tra cui quelle di Fiumicino, di Cagliari e degli enti attorno a Malpensa – per far causa al Tesoro chiedendo indietro i soldi dovuti.
Le tasse aeroportuali, nel loro piccolo, sono una sorta di fratello minore delle accise sulla benzina. Un Bancomat indiretto con cui lo Stato infila le mani nelle tasche dei cittadini – in questo caso i passeggeri, anche non italiani – per tappare i buchi della finanza pubblica senza essere costretto ad alzare le aliquote su Iva e Irpef, scelte politicamente più dannose.
Il problema è che ora la guerra si è scatenata persino tra chi questi soldi dovrebbe metterseli in tasca. «La questione è semplice – dice Esterino Montino, sindaco di Fiumicino e vicepresidente dell’Associazione nazionale comuni aeroportuali italiani – il Tesoro è inadempiente». Gli enti locali hanno diritto per legge a una fetta precisa di questa torta. Ma oggi vedono solo le briciole: «A dicembre 2015 avremmo dovuto incassare 19,4 milioni, cifra su cui molti di noi avevano costruito i loro budget – aggiunge Montino -. Invece sa quanti ne sono arrivati? Due». Gli arretrati degli anni precedenti alla voce tasse aeroportuali (compresi 3 milioni del 2008) portano a 90 milioni il credito.
Dove finiscono questi soldi? Li trattiene – accusano all’Ancai – il ministero di Pier Carlo Padoan alle prese con un bilancio pubblico dove ogni milione di entrate in più è manna che cade dal cielo. La realtà, forse, è un po’ più complessa. Le compagnie aeree italiane, Alitalia in primis, non scoppiano di salute. Gli aeroporti, se possibile, stanno peggio di loro. E tutti, se c’è l’occasione, tirano i cordoni della borsa in attesa di tempi migliori. I gestori degli scali, per dire, sono debitori per 93 milioni di via XX settembre.
«Noi siamo flessibili – conclude Mondino – la nostra unica richiesta in questo momento è un tavolo per ripensare il sistema. Stabilendo magari che le cifre che ci spettano ci vengano girate direttamente senza passare dal Tesoro». Nelle prossime settimane i tecnici proveranno a trovare la quadra per evitare il paradossale scontro tra realtà pubbliche. Al limite, se necessario, potranno sempre far contenti tutti rialzando di un altro po’ le tasse aeroportuali.