“Nell’anno 2018 il personale pubblico si è attestato sul livello di 3,2 mln di unità, in leggera flessione rispetto all’anno precedente (-0,6%). Nel confronto con il 2010, anno di avvio delle limitazioni alla facoltà di reclutamento da parte della PA, la flessione risulta molto più consistente, pari a 2,7 punti percentuali (circa 91mila unità in meno), attribuibile al trend del settore delle autonomie locali (-7,1%), solo marginalmente compensata dal lieve aumento dei dipendenti delle amministrazioni centrali (+0,7%)”.
E’ quanto emerge dalla “Relazione sul costo del lavoro pubblico 2020” approvata dalle Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti con delibera n. 13/SSRRCO/RCL/20, che segnala anche la “diffusa contrazione del perimetro dei pubblici dipendenti” e il persistere del “progressivo incremento dell’età media dei dipendenti pubblici” , nel 2018 “oramai superiore a 50 anni (era di 43,5 anni nel 2001), da ricondurre agli effetti connessi alle politiche restrittive in materia di assunzioni”.
Per la magistratura contabile, inoltre, le politiche restrittive sulla spesa messe in atto negli anni della crisi, indispensabili per la tenuta complessiva dei conti pubblici, “hanno generato effetti indiretti sulla qualità complessiva delle risorse umane disponibili” e la prolungata assenza di turn-over ha “accentuato il gap conoscitivo e professionale tra le competenze teoriche, acquisite nell’iter formativo dalle nuove generazioni, cui per troppo tempo è stato precluso l’accesso al pubblico impiego, e quelle più “statiche” possedute dal personale in servizio, che continuano a caratterizzare, oltreché condizionare, la gran parte delle attività poste in essere dalle pubbliche amministrazioni”.
Sotto il profilo finanziario, il costo del lavoro dipendente, come definito dall’IGOP – Ispettorato Generale per gli ordinamenti del personale e l’analisi dei costi del lavoro pubblico, nel 2018 si è attestato su un valore complessivo pari a 165,9 miliardi in aumento del 3,7% rispetto al 2017, in linea con l’incremento a regime previsto per la contrattazione collettiva nazionale per il triennio 2016-2018 (3,48%).
Pur a seguito di tale aumento, l’aggregato di spesa continua a mantenersi su un livello inferiore a quello del 2010 (-4,7 mld), con una contrazione del 2,8%, imputabile al blocco introdotto dal DL n. 78/2010 convertito con modificazioni dalla legge n. 122/2010. Se si estende l’analisi dei profili di onerosità agli anni 2020 e 2021, le previsioni (definite in contabilità nazionale) proiettano la spesa per redditi di personale, per la prima volta, al di sopra dei livelli del 2010.
La Relazione contiene anche utili comparazioni sull’andamento della spesa in ambito europeo, dalle quali emerge come, “a fronte di un dato medio europeo crescente tra il 2010 e il 2018, l’Italia, al pari di Grecia e Portogallo, si sia caratterizzata per una dinamica negativa, sulla quale ha inciso la costante contrazione della spesa pro capite per personale pubblico fino al 2015, solo parzialmente compensata dalla ripresa nel triennio 2016-2018. Le cause dell’andamento divergente della spesa pro capite per redditi pubblici italiana rispetto al benchmark europeo sono da ricercare non tanto nel livello relativo di tale spesa rispetto al PIL, mantenutosi sostanzialmente in linea con il dato europeo, quanto nella progressiva perdita relativa di ricchezza, rispetto al dato medio europeo”.