Nelle gare di appalto non si possono riconoscere punteggi maggiori agli operatori del territorio perché, in tal modo, si violano i princìpi della concorrenza. Lo ha motivato l’Antitrust con il provvedimento AS1649 con cui si è pronunciata sull’avviso pubblico emanato dal Comune di Genga (Marche) per avviare una indagine di mercato finalizzata all’affidamento di lavori pubblici urgenti di mitigazione del rischio idrogeologico. Tra i requisiti, l’avviso richiedeva ai concorrenti di essere PMI del territorio e di aver già svolto lavori analoghi per altre Amministrazioni all’interno della Regione.
L’Antitrust ha censurato il Comune affermando che l’avviso non richiedeva solo la classificazione come piccola o media impresa e la qualificazione Soa per lo svolgimento di lavori analoghi, ma mirava a circoscrivere la platea dei potenziali partecipanti alle imprese del territorio riconoscendo loro un maggior punteggio, come recita testualmente il parere:
“l’Autorità ha segnalato provvedimenti proprio della Regione Marche volti alla formazione di “Elenchi di professionisti per incarichi di microzonazione sismica e analisi della condizione limite per l’emergenza”, che assegnavano il maggior punteggio attribuibile (35/100) al criterio della documentata “conoscenza approfondita del territorio” in cui dovrà essere svolto l’incarico, rilevando che la previsione e valorizzazione di un requisito su base territoriale aveva l’effetto di restringere arbitrariamente la platea di soggetti tra i quali l’amministrazione è chiamata a scegliere, in violazione dei principi di liberalizzazione delle attività economiche sanciti, in particolare, dagli artt. 10 e 12 del D.Lgs. n. 59/2010, che recepisce la c.d. Direttiva Servizi3. In definitiva, la Determinazione del 3 ottobre 2019, nella misura in cui riconosce il maggior punteggio attribuibile a imprese operanti nel territorio di esecuzione dei lavori oggetto di affidamento appare idonea, come più volte rilevato, a limitare indebitamente la platea dei soggetti che potranno essere ammessi a partecipare…”.
Questo criterio, ha ribadito l’Antitrust, è contrario agli articoli 10 e 12 del D.lgs. 59/2012, con cui è stata recepita la Direttiva 2006/123/CE sui servizi nel mercato interno, perché discriminatorio e contrario al principio della concorrenza. Acquisito il parere, il Comune, che avrebbe potuto correggere gli atti, ha deciso altrimenti e ha annullato la procedura onde evitare il successivo ricorso al Tar da parte di AGCM per evitare gravi danni alla stazione appaltante.