Virtuose sotto diversi aspetti, le realtà urbane di piccole dimensioni hanno oltretutto un’incidenza superiore rispetto alle attività produttive svolte nelle grandi città (35 per cento del Pil), ossia quelle con più di 100.000 abitanti.
E’ questo il principale risultato emerso da una elaborazione realizzata dall’Ufficio studi della Cgia per conto di Asmel, l’Associazione per la Sussidiarietà e la modernizzazione degli Enti locali, che rappresenta oltre 2.800 Comuni in tutt’Italia .
“A differenza delle grandi città – ha detto il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – i piccoli Comuni hanno pochi mezzi a disposizione e tanti problemi di dimensione sovracomunale da affrontare. La forte concentrazione delle attività produttive nelle realtà territoriali minori impone a questi Sindaci risposte importanti su temi come la tutela dell’ambiente, la sicurezza stradale, la mobilità, l’adeguatezza delle infrastrutture viarie e la necessità di avere un trasporto pubblico locale efficiente. Sono criticità che richiedono un approccio pianificatorio su larga scala che, spesso, non si può attivare a causa delle poche risorse umane e finanziarie a disposizione”.
Dei 750 miliardi di euro di valore aggiunto prodotto da tutte le aziende private presenti nel Paese, 286,6 miliardi sono generati nelle piccole Amministrazioni comunali e 261,2 miliardi nelle grandi. Nei medi Comuni (quelli tra i 20.000 e i 100.000 abitanti), il valore aggiunto ammonta a 202,2 miliardi (il 27 per cento del totale del Pil in capo al settore industriale).