Migliaia di persone (20 mila, per gli organizzatori, 10-12 mila per la polizia) hanno sfilato in corteo a Gela per aderire allo sciopero proclamato dal Consiglio comunale (in seduta permanente da 5 giorni), per dire no alla chiusura della raffineria dell’Eni e per “difendere 2.500 posti di lavoro e lo stesso futuro della città”. Dal piazzale antistante l’ospedale fino a piazza Municipio, percorrendo corso Aldisio e corso Vittorio Emanuele, c’erano tutte le categorie sociali, compresi i rappresentanti di Confindustria Sicilia, Rosario Amarù e Carmelo Turco. “Oggi c’è una città unita, a dimostrazione che si può fare sistema”, ha detto Amarù auspicando che “lo facciano anche i politici”. Metalmeccanici in tuta, avvocati in toga, sacerdoti di tutte le parrocchie, studenti, pensionati, donne, bambini, seguivano sindaci e gonfaloni di una dozzina di comuni del comprensorio, con bandiere e striscioni, in una vera e propria mobilitazione di popolo. Solidarietà è giunta da ogni parte della Sicilia con delegazioni di lavoratori di Cgil, Cisl Uil e Ugl, dai Cantieri navali di Palermo agli edili di Enna, da Agrigento a Catania. Numerosi gli slogan e i cartelloni satirici che prendevano di mira il premier Renzi, rappresentato con il naso lungo di Pinocchio. All’arrivo in piazza Municipio, i ragazzi delle scuole gelesi hanno intonato l’inno di Mameli, quasi a sottolineare la dimensione nazionale del problema e gridato “vogliamo rimanere a Gela”. Il sindaco, Domenico Messinese, ha detto che “oggi è una giornata storica per Gela e la Sicilia che si batteranno strenuamente in difesa dell’occupazione e lo sviluppo contro ogni disegno di smantellamento della nostra realtà industriale e per costruire un futuro alle nuove generazioni”.