I contributi non versati da parte dei rispettivi datori di lavoro non cadranno in prescrizione sino al 31 dicembre 2021. Le PA, di conseguenza, avranno a disposizione altri due anni per sistemare le posizioni assicurative dei propri dipendenti senza che l’omissione pregiudichi il trattamento pensionistico dei diretti interessati. Lo ha sancito l’Inps con la circolare circolare numero 122/2019 che recepisce le modifiche apportate dall’articolo 19 del DL 4/2019 convertito con legge 26/2019. L’Istituto ha chiarito, inoltre, che la sospensione del termine in oggetto riguarda i periodi retributivi afferenti alle casse pensionistiche della gestione pubblica (CTPS, CPDEL, CPS, CPI e CPUG) sino al 31 dicembre 2014. I periodi retributivi successivi a quella data soggiacciono, invece, al termine ordinario quinquennale di prescrizione. Da calcolarsi a partire dal 16 del mese successivo a quello al quale la contribuzione si riferisca. Pertanto, le omissioni contributive riferite a periodi temporali ricadenti nell’anno 2015 dovranno essere sanate entro il 16 di ogni mese dell’anno 2020. Fatta eccezione per quelli afferenti al dicembre 2015 i cui termini scadranno il 18 gennaio 2021.
Un altro chiarimento importante riguarda i soggetti beneficiari della sospensione legale dei termini di prescrizione: soltanto le amministrazioni pubbliche di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (amministrazioni statali, scuole, università, enti locali, aziende sanitarie, agenzie governative, Consob, Banca d’Italia, Camere di Commercio, enti pubblici non economici, eccetera). Non vi rientrano, pertanto, i datori di lavoro del settore privato, sebbene i rispettivi dipendenti abbiano mantenuto o optato per l’iscrizione alle casse pensionistiche del settore pubblico, nonchè gli enti non qualificabili come amministrazioni pubbliche.