Il tema della gestione dei “beni comuni urbani” è entrato ormai a pieno titolo nell’agenda politico-amministrativa di diverse amministrazioni locali. Torino in prima linea, che ha approvato un regolamento ad hoc tre anni fa, anche grazie alla sperimentazione attuata con il progetto europeo Co-City. E, oggi, con la collaborazione dell’Università di Torino, ha realizzato la revisione del provvedimento facendo tesoro dell’esperienza sin qui compiuta, che si configura come una best practice da estendere ad altre realtà. In tal senso hanno giovato sia il percorso condotto finora dalla Città, attraverso attività di co-progettazione, sia il confronto che la Città ha avviato con altre realtà italiane ed europee che stanno affrontando problematiche analoghe. Ciò ha consentito all’Amministrazione di affiancare al modello esistente, fondato su un’idea di “cittadinanza attiva” che si prenda cura in forma diretta di alcuni spazi della propria città, la costruzione di nuovi modelli che hanno l’obiettivo di alimentare un rapporto autenticamente paritetico con gli abitanti. Il risultato virtuoso di questa sinergia è il neo regolamento che identifica alcune importanti novità a livello italiano nella valorizzazione dei percorsi di costruzione di comunità e salvaguardia dei beni comuni a vantaggio delle generazioni future, attraverso la possibilità di istituire o riconoscere strumenti di governo dei beni comuni sempre più avanzati, complessi e adatti alle esigenze ecologiche e di lungo periodo delle nostre comunità.
Di conseguenza, oltre al Patto di collaborazione, il provvedimento adotta tre nuove modalità: l’Uso civico e collettivo urbano, la Gestione collettiva civica e la Fondazione dei Beni Comuni. La prima prevede che una comunità di riferimento (cioè un insieme informale di soggetti civici, siano esse persone fisiche o persone giuridiche) possa definire una carta di auto-governo per disciplinare i criteri con cui utilizzare un bene comune messo a disposizione, ma custodito, dalla Pubblica Amministrazione.
La Gestione collettiva civica è, invece, il coinvolgimento di una comunità di riferimento per la gestione di un bene pubblico. In questo caso, a differenza del precedente, il bene comune viene consegnato alla comunità che lo prende in carico, anche se la proprietà rimane all’Amministrazione. Anche in questo caso le modalità di gestione sono definite in una Carta di auto-governo.
Il terzo strumento per l’auto-governo è la Fondazione Bene Comune, mediante la quale l’Amministrazione cittadina può conferire uno o più o beni a Fondazioni costituite con lo scopo di gestire tali beni. I beni conferiti vengono a costituire patrimonio a destinazione vincolata e inalienabile della Fondazione. Inoltre, al fine di mediare il rapporto tra cittadinanza e Amministrazione, con funzioni consultive e di arbitrato, il regolamento istituisce la Giuria dei Beni Comuni.
Particolare attenzione è stata posta nella scrittura dei valori fondanti, che sono esplicitati nel regolamento ispirandosi ai principi di fiducia e buona fede, pubblicità e trasparenza, inclusione e accesso, pari opportunità e contrasto alle discriminazioni, sostenibilità e rigenerazione ecologica, informalità, territorialità, autonomia civica e non surrogazione. Soprattutto sul tema della formazione si è voluto investire sia da un punto di vista di diffusione della cultura dei beni comuni, sia nella costruzione di spazi particolarmente attenti al contrasto della violenza maschile e di genere e nei confronti di tutte le discriminazioni, mutuando esperienze positive di formazione e autoformazione già in atto in altri spazi della città.