Salute dell’ambiente e salute delle persone rappresentano un binomio indissolubile. L’una influenza l’altra senza soluzione di continuità. Ecco perché il primo rapporto dell’Agenzia dell’Ue per l’ambiente (Eea), mettendo in diretta relazione indicatori ambientali e socio-demografici, giunge alla sconfortante conclusione che inquinamento e condizioni socio-economiche facciano dell’Italia il Paese dell’Unione col più alto numero di aree a rischio a causa dello smog e delle ondate di calore. In altre parole, lo studio sottolinea come le diseguaglianze economiche e sociali aumentino l’impatto dell’inquinamento atmosferico e acustico e delle temperature estreme. Il rapporto rileva, infatti, che i rischi maggiori per la salute si registrano in aree dove i redditi e il livello di istruzione sono inferiori alla media europea, e superiori sono i tassi di disoccupazione a lungo termine e di anzianità della popolazione. Tra le città con i più alti livelli di disoccupazione e la più alta esposizione al particolato Pm10 figurano Torino, Stara Zagora (Bulgaria) e Nicosia (Cipro). L’Italia, pertanto, è uno dei tre paesi Ue (insieme a Grecia e Slovacchia) che presenta più territori nei quali i rischi ambientali si sovrappongono ai fattori sociali. Non a caso, nella Penisola si trova il maggior numero di aree in Europa esposte a tre tipi d’inquinamento atmosferico – da particolato, biossido di azoto e ozono – e alle ondate di calore, con la presenza simultanea dei problemi di smog tipici delle aree urbane con reddito pro-capite inferiore alla media europea (Pm10 e ozono) e quelli delle regioni sviluppate (biossido di azoto). Le variabili socio-economiche incidono, dunque, anche sulla capacità di gestire fenomeni meteo estremi. Ciò perchè l’invecchiamento amplia le fasce vulnerabili della popolazione, mentre la disponibilità di reddito è determinante per isolare termicamente il luogo dove si abita e un basso livello di istruzione può ridurre la consapevolezza sui comportamenti da adottare in caso di picchi di calore.