L’organizzazione del lavoro è indubbiamente uno dei fattori decisivi per la crescita della produttività e della competitività delle imprese come delle istituzioni pubbliche. Obiettivo che tutti dicono di voler perseguire a ogni costo. Non a caso, l’innovazione organizzativa in corso al livello internazionale sforna a ritmo incalzante modelli operativi di varia matrice e configurazione. Lo smart working è senz’altro la modalità lavorativa attualmente più gettonata, adottata fra l’altro da diverse multinazionali, che si sta diffondendo nel settore privato (Sono infatti 305mila i lavoratori cosiddetti agili), ma che stenta ad affermarsi nelle Pubbliche amministrazioni nostrane.
Come ricorda lo stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il lavoro agile (o smart working) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e da un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro. Una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività. La definizione di smart working, contenuta nella Legge n. 81/2017, pone l’accento sulla flessibilità organizzativa, sulla volontarietà delle parti che sottoscrivono l’accordo individuale e sull’utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare da remoto (come ad esempio: pc portatili, tablet e smartphone). Ai lavoratori agili viene garantita la parità di trattamento – economico e normativo – rispetto ai loro colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie.
“Negli uffici pubblici si tratta di un cambiamento culturale in cui il ruolo chiave è dato dalla formazione dei manager con il fine di divulgare questo nuovo approccio al lavoro. Eppure, in Italia, i modelli organizzativi della P.A. vivono in un’era digitale arretrata, in cui la carta e la burocrazia determinano tempi prolissi e strumenti di lavoro obsoleti”. Lo afferma Carlo De Angelis, architetto e founder della DEC, tra i massimi esperti in Italia di smart working. Dalla ricerca 2017 dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano emerge come soltanto il 5% delle amministrazioni pubbliche abbia avviato iniziative strutturate in tal senso. Il 48% del campione esaminato dichiara interesse per una prossima introduzione del lavoro agile, mentre il restante 32% non ha manifestato alcuna intenzione in questa direzione.
“E’ evidente che c’e’ un atteggiamento di chiusura. Inoltre, sebbene si sviluppino nuove tecnologie digitali, il know-how dei dipendenti resta invariato. Occorre, quindi, accompagnare il cambiamento con corsi di formazione e aggiornamenti sullo smart working a partire dalle università. Lo smart working è un’opportunità per gli uffici pubblici con il fine di rendere i servizi più efficienti attraverso dipendenti motivati e competenti”, conclude De Angelis.