In Sicilia la situazione dei rifiuti è sempre critica. E i Comuni sono in difficoltà. Anzi, per loro il conto alla rovescia è ormai iniziato e restano soltanto 20 giorni per sottoscrivere i contratti con le aziende private che si occuperanno del trasporto dei rifiuti fuori dall’Isola. Trasporto che si rende necessario onde evitare il rischio concreto del collasso delle discariche, gravate all’inverosimile da montagne di spazzatura. Di qui la decisione regionale di inviare una parte dei rifiuti fuori dalla Sicilia, naturalmente a spese dei cittadini, attivando però un meccanismo farraginoso: dal 1° ottobre 2018 i Comuni siciliani potranno conferire in discarica soltanto il 70% dei rifiuti prodotti nello stesso mese dell’anno precedente. Se, tuttavia, nel frattempo avranno portato la differenziata almeno al 30%, non cambierà nulla. Ma qualora così non fosse, il rifiuto eccedente quel 70% dovrà essere spedito fuori dalla Sicilia. Pertanto, i Comuni non in regola hanno tempo fino al prossimo 31 luglio per presentare alla Regione il contratto sottoscritto con una delle quattro aziende che hanno risposto alla manifestazione d’interesse, la siracusana Tech Servizi, la catanese Sicula Trasporti, la Vincenzo D’Angelo srl, di Alcamo, e la Pa Service srl, di Bolzano. Un caso per tutti: il Comune di Catania a giugno 2017 ha prodotto quasi 19mila tonnellate di rifiuti, differenziandone appena 1.500 tonnellate (il 7,9 per cento) e conferendone dunque in discarica circa 17.500 tonnellate. A giugno 2018 dovrebbe aver raggiunto il limite minimo di differenziata del 30%, pari a oltre 5mila tonnellate di rifiuti. Qualora ci sia riuscito, bene, viceversa (ipotesi più realistica visto che ad aprile, ultimo dato utile, la percentuale di differenziata a Catania era inferiore al 10 per cento) il rifiuto eccedente non potrà essere consegnato alla discarica e sarà dunque spedito all’estero, pagando una tariffa di 200 euro a tonnellata, quasi il doppio di quella attuale.
«Come abbiamo scritto nella circolare ai Comuni – precisa il dirigente del dipartimento Acque e Rifiuti, Salvo Cocina – la nostra non vuole essere un’azione punitiva, per questo i dati verranno aggiornati mese per mese e confrontati con lo stesso mese dell’anno precedente. Per intenderci, i Comuni che non avranno differenziato almeno il 30 per cento dei rifiuti, entro il 31 luglio sono obbligati a sottoscrivere i contratti per l’invio della quota eccedente all’estero, ma se entro il 30 settembre saranno riusciti a portare al 30 per cento i livelli di differenziata, allora il restante indifferenziato sarà conferito nelle discariche siciliane, senza ulteriori costi».
L’aumento conseguente della Tari ai propri concittadini, causato dalla lievitazione dei costi di smaltimento, però, è soltanto un problema dei Sindaci siciliani. Ce n’è un altro ancor più grave: la mancata trasmissione del contratto comporterà il commissariamento dei Comuni. «È evidente infatti – si legge nella nota trasmessa – che la presenza di amministrazioni comunali non in grado di smaltire, con la raccolta differenziata o con il trasporto fuori Regione, almeno il 30 per cento del rifiuto totale prodotto, espone la comunità all’intollerabile rischio di grave danno per l’igiene e la sanità pubblica e impone conseguentemente all’amministrazione regionale di dichiarare la decadenza degli organi e di commissariare gli enti che avessero causato tale grave pericolo».