Misurare l’efficienza degli enti locali, come di altre agenzie e pubbliche istituzioni, è ormai un imperativo categorico che impegna diversi centri-studi, assorbiti dal “sacro dovere” di onorare il Dio “Rating”. E’ un’epidemia che dilaga in tutto il mondo. Ecco perché abbondano classifiche di tutti i tipi, dalle smart city, alle performance aziendali. La strada l’hanno aperta Standard&Poor’s, Fitch e Moody’s, società specializzate in materia economico-finanziaria, poi si sono accodati molti altri soggetti a livello internazionale. Le mode sono spesso effimere e superflue. Non è questo, tuttavia, il caso. Le classifiche, quando sono redatte con scrupolo e competenza, possono essere utili, soprattutto quando riguardano la Pa che, nel nostro Paese, necessita di una profonda e duratura “manutenzione”, tanto per usare un eufemismo. Degna di nota, ad esempio, è l’indagine compiuta dalla Fondazione Etica, diretta da Paola Caporossi, che ha appena licenziato il secondo rapporto sul rating pubblico dei Comuni. Uno strumento di due diligence della pubblica amministrazione, incentrato sulle performance in termini di assetto di governo, dati di bilancio, gestione del personale, servizi e rapporto con i cittadini, appalti e relazione con i fornitori, comportamento ambientale, che si avvale d’informazioni provenienti da almeno sei banche-dati diverse: Ministero delle Finanze, Corte dei Conti, Istat, Anac, Ministero della Funzione pubblica, Ministero degli interni. Non a caso, il rating pubblico è stato individuato come uno dei criteri che l’Unione europea dovrebbe utilizzare nella negoziazione della distribuzione delle risorse per la coesione territoriale nei prossimi sette anni. Ecco perché la presidenza del Consiglio – in attesa del nuovo Governo – ha firmato un accordo per adottare il rating allo scopo di stimolare comportamenti virtuosi da parte degli enti locali. E lo stesso ha fatto Banca Sistema, che intende utilizzarlo per decidere se anticipare i crediti delle aziende verso la pubblica amministrazione.
“Per migliorare la macchina pubblica – commenta la Caporossi – servono non tanto deterrenti, quanto incentivi, cioè motivazioni concrete per convincere i Comuni a essere più trasparenti e performanti. Giocano soprattutto due aspetti – spiega la direttrice di Fondazione Etica – Quello reputazionale, il cui peso è rafforzato dalla possibilità di comparare amministrazioni della stessa tipologia. E quello finanziario, con l’ipotesi di un incentivo a chi si dimostra più virtuoso sotto forma di maggiori trasferimenti statali e regionali”.
Dalla classifica elaborata dalla Fondazione Etica si evince, infatti, che nessun Comune si avvicina alle sette bandiere dell’eccellenza. Il migliore è Trento, che però appartiene a una Regione a Statuto speciale. Sul podio anche Cuneo e Parma, nei quali “efficienza, trasparenza e prevenzione della corruzione appaiono tratti acquisiti della loro fisionomia istituzionale”, osserva la Caporossi. Ciò che condiziona è la dimensione economica. I Comuni con maggiore reddito imponibile pro-capite sono quelli che hanno ottenuto il rating pubblico più alto, con l’eccezione di Aosta e per certi versi anche di Imperia. L’ultimo posto spetta invece al Comune di Salerno. Risultato sorprendente, considerando l’immagine di efficienza che l’amministrazione locale è riuscita a dare in questi anni, quando era guidata dal governatore della Regione Campania, Vincenzo De Luca.