L’Ufficio economico di Confesercenti, commentando gli ultimi dati diffusi dall’Istat sulle vendite al dettaglio, sottolinea che per il commercio i primi mesi del 2018 non sono stati affatto brillanti. Sia il dato congiunturale che quello tendenziale, infatti, hanno evidenziato una dinamica negativa soprattutto rispetto all’anno precedente, benchè da gennaio siano state inserite nella rilevazione anche le imprese che effettuano come attività prevalente il commercio elettronico. Queste ultime nel 2016, invece, avevano registrato una crescita delle vendite in volume di oltre il 5%.
Nel 2017 l’accelerazione del commercio elettronico, secondo le stime di Confesercenti, ha prodotto circa 18.000 i negozi on-line, con aumento del 72% dal 2012. Ma c’è da dire che l’eCommerce è un settore ad altissimo tasso di competizione, dove ritagliarsi uno spazio al di fuori dei grandi marketplace come Amazon ed eBay sembra essere assai difficile. Negli ultimi mesi poi, ad incidere negativamente è stato il netto dislivello fiscale tra le attività italiane e quelle estere operanti nel nostro Paese, che permette a queste ultime di essere più competitive sul fronte dei prezzi.
Secondo Confesercenti occorre perciò intervenire con una webtax più equilibrata che risolva il gap fiscale, nonché con investimenti per un aggregatore nazionale che sappia dare visibilità alle Pmi italiane dell’eCommerce. Un altro fronte su cui operare è, infine, quello dell’abusivismo e della contraffazione, fenomeni sempre più attivi e prolifici sul web.
“In questo scenario – ha detto il presidente di Confesercenti, Patrizia De Luise, a margine della Giunta nazionale che si è riunita due giorni fa a Roma – non ci stanchiamo di ribadire che è prioritario scongiurare gli aumenti Iva previsti dalle clausole di salvaguardia. Se dovessero scattare, infatti, avrebbero un grave impatto sui consumi, portandoci a perdere nel corso del prossimo triennio ben 23 miliardi di euro di spesa. Uno stop che il Paese non può permettersi”.