Secondo l’ISTAT l’aspettativa di vita si è allungata di cinque mesi rispetto al 2013. Il Governo dovrebbe pertanto confermare l’automatismo previsto dalla riforma Fornero che comporterebbe lo slittamento, dal 2019, della pensione di vecchiaia a 67 anni precisi, e non più a 66 anni e 7 mesi.
Fino a ieri erano in molti ad augurarsi che il Governo non mettesse in atto un’equivalenza, tenendo anche conto della diminuzione registrata nel 2015. Ma il Governo ha deciso che non ci saranno ‘sconti’, nonostante le richieste di fermare l’adeguamento automatico. A luglio i presidenti della commissione Lavoro di Camera e Senato, Cesare Damiano e Maurizio Sacconi, avevano tenuto una conferenza stampa congiunta sostenendo che lo spostamento in avanti dell’età pensionabile sarebbe stato iniquo, alle loro richieste si erano subito uniti, compatti, i sindacati. Alcuni giorni fa però il no definitivo, sulla base dei calcoli dell’Inps e della Ragioneria Centrale dello Stato, L’Inps, in particolare, ha quantificato in 141 miliardi cumulati nei prossimi dieci anni il costo del mancato adeguamento.
“Il calcolo dell’Istat dovrà prendere a riferimento il triennio 2014-2016, periodo nel quale, nel 2015, è avvenuto un calo dell’aspettativa di vita – ha detto Damiano – Noi ci aspettiamo un calcolo che tenga conto di questo calo e non solo degli aumenti”. Damiano auspica inoltre che “la decisione sull’aumento dell’età pensionabile sia rinviata a giugno del 2018”.
Per andare in pensione in anticipo rispetto all’età di vecchiaia (l’ex pensione di anzianità contributiva) dal 2019 saranno necessari 43 anni e tre mesi di contributi per gli uomini e 42 anni e 3 mesi per le donne.
Al momento per l’uscita anticipata verso la pensione ci vogliono 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne.
Aumenta anche l’aspettativa di vita alla nascita, che in Italia arriva adesso a un media di 82,8 anni (più 0,4% sul 2015), per le donne è di 85 anni e per gli uomini 80,6.