Una discutibile tendenza – sposata da esponenti politici, giornalisti e commentatori di varia matrice – vorrebbe che la semplificazione dell’apparato amministrativo del Paese facesse, tra l’altro, piazza pulita dei piccoli Comuni attraverso fusioni e accorpamenti forzati, nonché soppressioni vere e proprie di enti ritenuti superflui e dispendiosi. “E’ mai possibile continuare a mantenere un Comune che conta tanti abitanti quanti ne abbia un condominio di Roma o Milano?”. Questa, in sintesi, l’argomentazione forte che sottende la loro “crociata”. C’è chi però, all’interno del mondo delle autonomie locali, si oppone con forza a simili prospettive. E’ l’Italia dei campanili che si muove! Non a caso, recentemente, i Sindaci di 16 Comuni senesi (Casole D’Elsa, Castiglione D’Orcia, Cetona, Chianciano Terme, Chiusdino, Monteriggioni, Piancastagnaio, Radicofani, Radicondoli, San Casciano dei Bagni, San Gimignano, Trequanda, Castellina in Chianti, Rapolano Terme, Castelnuovo Berardenga, Pienza) hanno firmato un appello al Presidente della Repubblica, ai Presidenti di Camera e Senato e ai parlamentari a fare quanto nella loro disponibilità per arrivare all’approvazione della legge prima della scadenza della legislatura, in nome dei bisogni delle comunità locali e delle loro istituzioni rappresentative, che riportiamo di seguito.
“Le autonomie locali rappresentano per tradizione, storia e decisione costituzionale l’ossatura primaria della Repubblica italiana, la struttura portante attraverso la quale il nostro ordinamento si dirama sui territori.
Le autonomie, in un Paese policentrico come il nostro, ricco di una moltitudine di dimensioni geografiche, sociali ed economiche, sono costituite soprattutto da piccoli Comuni, i quali rappresentano degli standard amministrativi della nazione, e conseguentemente una dimensione da sostenere e valorizzare, non dunque eccezioni né tantomeno un problema.
I piccoli Comuni non sono un retaggio del passato da superare togliendo prima loro risorse e aggravandone le incombenze amministrative, e poi obbligandoli, di fatto o per legge, a fondersi, come lo Stato e le Regioni hanno dimostrato in questi ultimi anni di voler fare.
La modernità amministrativa non passa infatti dall’attacco ai piccoli Comuni, come suggerisce una distorta interpretazione della globalizzazione, perché essi proprio in un mondo globalizzato continuano ad essere un presidio insostituibile di rappresentanza democratica e di buon governo locale.
C’è bisogno pertanto di un messaggio forte da parte del Parlamento e delle forze politiche nazionali che lo compongono, che segni un’inversione di tendenza.
Le legge sui piccoli Comuni, che ormai da anni era ferma in Parlamento e che in questa legislatura è stata invece approvata in prima lettura alla Camera, può rappresentare sia simbolicamente che concretamente una risposta alle comunità locali, il riconoscimento della loro rilevanza costituzionale oltre che un aiuto materiale nello svolgimento della loro vita quotidiana.
Dopo che la prima approvazione alla Camera aveva suscitato aspettative su una rapida conclusione dell’iter, adesso il testo è al Senato (Atto Senato n. 2541 – Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni) e la legislatura sta volgendo al termine.
Non possiamo permetterci di perdere questa ennesima occasione adesso che siamo arrivati a un passo dal traguardo”.