Quest’anno la spesa pro capite per i generi di primo consumo, abitazione e abbigliamento si attesta a quasi 8.000 euro, pari al 41,5% dei consumi complessivi (circa 17.300 euro). Tra il 1995 e il 2017 la quota di spesa per alimentari, tabacchi e calzature è diminuita di 4,5 punti percentuali, assorbita quasi interamente dalla crescita delle spese per abitazione (+5,5 punti percentuali); in aumento la quota di spesa per alberghi e ristoranti (+2,4 punti percentuali), per via della crescita turistica e dei pasti fuori casa. Per le comunicazioni (apparecchi e servizi) la spesa è invece cresciuta in termini pro capite del 240%, passando da 109 euro a 371 euro (dal 1995 ad oggi).
Secondo gli studi di Confcommercio il capitolo di spesa più importante per gli italiani è comunque l’abitazione, che comprende gli affitti, figurativi ed effettivi, nonché le spese dei consumi (luce, acqua e gas). La struttura dei consumi si modifica con lentezza e per coglierne i driver principali occorre fare riferimento a confronti tra momenti distanti nel tempo. A crescere sono anche le spese per i servizi sanitari e per le comunicazioni. Per i primi le dinamiche sono governate dall’invecchiamento della popolazione e da un’interpretazione della cura personale intesa come prevenzione e come cultura del benessere. Nel caso delle comunicazioni, la quota cresce di due decimi di punto e questo apparentemente contrasta con l’idea di una dilagante tecnologia nella vita quotidiana. L’apparente distonia è spiegata dal fatto che le quote sono valutate a prezzi correnti ed incorporano sia i movimenti dei volumi dei beni e dei servizi acquistati che quelli dei loro prezzi di vendita. Nel caso della tecnologia, infine, i prezzi sono fortemente decrescenti e pertanto le quote appaiono poco dinamiche, celando il vero boom registrato dalle quantità: nel periodo preso in esame (1995-2017) la spesa reale per telefonia, ad esempio, è passata da 109 a 371 euro.