Qualche giorno fa sul Corriere si faceva il punto sulla spesa dei Fondi strutturali europei, con una sorpresa: ci sono ben sei Paesi dell’Unione Europea che hanno fatto finora peggio di noi. Ma non può certo valere il detto «mal comune, mezzo gaudio». Perché sapere che all’inizio del 2017, cioè quasi a metà strada del programma comunitario 2014-2020, Austria, Belgio, Irlanda, Lussemburgo, Croazia e Romania avevano speso meno di noi è una ben magra consolazione. Intanto almeno metà di questi Paesi hanno un bisogno assai relativo dei fondi europei. Ma soprattutto parliamo di volumi ben diversi. All’Italia toccherebbero, infatti, 42,7 miliardi di euro, che sommati al cofinanziamento nazionale (necessario per aprire il rubinetto europeo) portano il totale a 73,6 miliardi. Siamo il secondo Paese dell’Unione destinatario di questi denari dopo la Polonia con 104,9 miliardi di risorse previste, e che ha speso il 4,2 % delle somme a disposizione: 4,3 miliardi, il quadruplo circa degli 880 milioni utilizzati dall’Italia (l’1,2% del totale). Peraltro, soldi spesi in larghissima misura per le consulenze relative ai progetti.
Ma dopo una partenza stentata, l’Italia accelera nel processo di spesa dei fondi strutturali europei. Il tasso dei progetti selezionati come beneficiari per l’attuale periodo di programmazione 2014-2020 ha toccato quota 34%, com’è stato evidenziato alla terza riunione del Comitato di sorveglianza, che si è svolto la settimana scorsa a Roma. Al 30 giugno, il costo dei progetti selezionati per i programmi Fondo europeo sviluppo regionale (Fesr) e Plurifondo è il 34,1% del totale, per un importo pari a 12,912 miliardi di euro.
In sei mesi il dato è cresciuto di 4,7 punti, e di quasi 25 punti rispetto allo scorso anno. Un dato che è stato accolto soddisfazione dai rappresentanti della Commissione europea presenti a Roma. Punto debole per l’Italia restano invece le tempistiche di designazione delle autorità di gestione e certificazione dei programmi: nonostante le recenti nomine vagliate da Puglia e Abruzzo, sono ancora 15 su 61 quelle da effettuare. Fanalino di coda sono i programmi di cooperazione territoriale, dove solo un’autorità è stata designata su 10 previste. “Entro e non oltre dicembre 2017” si concluderanno le procedure, hanno rassicurato dal Ministero dell’Economia.
La riunione del Comitato di sorveglianza ha rappresentato anche l’opportunità per effettuare una verifica strategica, a due anni dall’avvio, degli interventi concordati tra Italia e Europa nell’Accordo di Partenariato 2014-2020. Tali interventi prevedono la realizzazione di 75 Programmi per un investimento totale di 73,6 miliardi di euro (di cui 42,5 miliardi di risorse Ue e 31 miliardi di cofinanziamento nazionale). Per quanto riguarda la mobilità sostenibile sono stati selezionati progetti pari al 53% delle risorse programmate, la tutela dell’ambiente e il ciclo dei rifiuti si attestano al 43,6%, l’implementazione e lo sviluppo dell’Agenda Digitale raggiunge il 24,8%, la ricerca è al 24,5%, mentre Inclusione Sociale e Lotta alla povertà è al 20,3%.