Si chiama ‘Piano triennale dei fabbisogni’ lo strumento normativo che dovrebbe innescare una delle riforme chiave della PA: mettere ordine nel complesso sistema dei concorsi, caratterizzato da criticità e sprechi, in termini sia economici che organizzativi. Ogni anno, infatti, nonostante il parziale blocco del turn over nel pubblico impiego, sono una miriade i concorsi banditi, anche per l’assunzione di poche persone. Qualche esempio? A metà giugno 8mila candidati si contesero i 10 posti fissi da infermiere messi a disposizione dall’Irccs Fondazione Policlinico di Milano; a inizio luglio oltre 85mila domande sono arrivate alla Banca d’Italia per il concorso destinato all’assunzione di 30 vice assistenti, mentre recentemente erano presenti ben 12mila persone al concorso pubblico per 200 posti tenutosi a Genova. Cifre che fanno scalpore e che riflettono l’alto tasso di disoccupazione giovanile, ma anche l’obsolescenza e l’inefficienza dell’intero sistema di reclutamento del personale del settore pubblico allargato.
L’innovazione dovrebbe essere introdotta da uno dei decreti attuativi della riforma Madia (num. 75 del 25 maggio scorso). L’intenzione sarebbe quella di bandire concorsi nazionali unici vincolando le procedure di reclutamento proprio al citato ‘Piano triennale dei fabbisogni’. In pratica, mentre oggi ogni amministrazione può indire il proprio concorso, con la nuova normativa soltanto le amministrazioni centrali (come Ministeri, Inps e Inail), che saranno tenute a comunicare i propri fabbisogni, potranno partecipare ai bandi unici triennali. Senza il piano dei fabbisogni e senza il decreto che approvi le procedure di reclutamento, gli enti statali non potranno più assumere. Vedremo se l’attuale Governo avrà la forza e la determinazione, in questa legislatura, di passare dagli annunci, talora suggestivi, ai fatti.