Tutti i nodi vengono al pettine: in Europa, tra i ventisette paesi dell’Unione, vi è grande preoccupazione per il possibile taglio dei fondi europei, a causa delle ripercussioni della Brexit, in merito alla politica di coesione che per moltissimi stati rappresenta l’unica fonte per condurre in porto degli investimenti considerevoli. Anche l’Italia, a dire il vero, potrebbe pagare le conseguenze di questa situazione, per cui è facile prevedere delle forti penalizzazioni su tali fondi Ue. A seconda dei vari scenari che si potrebbero configurare il nostro paese potrebbe essere penalizzato per svariati miliardi di euro.
Il peggiore degli scenari sarebbe quello in cui la separazione tra il governo britannico di Londra e l’Unione europea si definirebbe senza trovare alcun accordo di massima. In tal caso l‘Europa intera perderebbe, in percentuale, tra il 15 ed il 20% sul suo budget abituale, all’anno. In parole povere per l‘Italia la perdita si aggirerebbe all’incirca sui 3 o 4 miliardi di euro per anno.
In questo allarmante quadro regioni e città europee si preparano a dar battaglia per difendere il futuro della politica di coesione post-Brexit, in vista del negoziato sul nuovo budget pluriennale, mentre già circolano indiscrezioni di Paesi, come Germania, Austria, Svezia, Olanda, Danimarca e Finlandia, pronti a ‘sforbiciare’, per risparmiare, o destinare le risorse ad altre questioni urgenti, come migrazione e sicurezza.
A fissare i paletti dei territori europei e indicare la linea da seguire è il parere del sottosegretario di Stato del Land tedesco Sassonia-Anhalt, e presidente del gruppo Ppe al Comitato europeo delle Regioni (CdR) Michael Schneider, adottato a larghissima maggioranza dalla plenaria del CdR. Nel sottolineare l’importanza dei fondi strutturali per lo sviluppo dei territori, il documento chiede di renderne più flessibile l’utilizzo e di semplificarne l’iter burocratico, opponendosi a qualsiasi distrazione degli aiuti, principale strumento europeo di investimenti, che assorbe un terzo dell’intero bilancio dell’Unione.
“La politica di coesione è un motore trainante per la crescita e il suo potenziale sarebbe ancora più forte se escludessimo il cofinanziamento dal calcolo dell’indebitamento nazionale”, evidenzia la governatrice dell’Umbria e presidente del gruppo Pse del CdR Catiuscia Marini. Attraverso la politica di coesione, l’Ue investe infatti 454 miliardi di euro (cifra priva della quota di cofinanziamento nazionale) fino al 2020, per favorire la crescita in tutte le regioni, riducendo le disparità, e l’Italia con 42,6 miliardi ne è il secondo principale beneficiario, dopo la Polonia (86 miliardi).