A volte servono anni di attesa e sofferenza per arrivare a una diagnosi di patologia cronica o rara. Spesso ci si imbatte in una burocrazia “trita-diritti” che tutto fa tranne che agevolare il percorso del malato. Per non parlare dei costi per curarsi, che spesso diventano davvero insostenibili: se il centro medico di riferimento è lontano, se serve un’assistenza psicologica o esami diagnostici da fare a pagamento, quando bisogna comprare farmaci e parafarmaci, non c’è quasi limite al tetto massimo di spesa che un malato è costretto ad accollarsi. Ecco quanto dice “In cronica attesa”, il Rapporto nazionale sulle politiche della cronicità presentato da Cittadinanzattiva.
Spiega l’associazione: “Si attende anni per una diagnosi, mesi per una visita, un esame di controllo o per ricevere un ausilio, giorni al Pronto Soccorso per un posto letto. Per contro, il tempo dedicato alla visita e quindi all’ascolto è sempre più ridotto, le ore dedicate all’assistenza domiciliare ed alla riabilitazione sono troppo esigue”. Il rapporto è stato presentato dal Coordinamento delle Associazioni dei Malati Cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva e fotografa la situazione in cui versano in Italia le persone che soffrono di patologie croniche e rare. Un lavoro fatto insieme a 46 associazioni rappresentative di oltre 100 mila cittadini affetti da patologie croniche o rare. Il 38,3% degli italiani dichiara di avere almeno una patologia cronica e di questi circa il 70% dichiara di essere comunque in buona salute. Ipertensione (17,1%), artrosi/artrite (15,6%) e malattie allergiche (10,1%) sono nell’ordine le tre malattie croniche più diffuse. Per quanto riguarda le malattie rare, in Italia si stima ci siano tra i 450mila e i 670mila malati rari.
Le persone che soffrono di malattie croniche e rare, e le loro famiglie, devono far fronte a molte carenze. E farlo impiegando i propri soldi, denuncia Cittadinanzattiva: “fino a 10.000€ l’anno per l’assistenza psicologica, l’acquisto di farmaci e parafarmaci, la riabilitazione a domicilio; fino a 60.000€ l’anno per pagare la retta della residenza sanitaria assistita. A questo si aggiunge la burocrazia “trita-diritti” perché non si snelliscono le procedure burocratiche, come nel caso del rilascio di piani terapeutici per i farmaci o di protesi e ausili, l’assegnazione del contrassegno auto per invalidi o il rinnovo della patente. Anzi capita che anche quando la semplificazione c’è, nella sua applicazione diventi strumento per restringere i diritti, come nel caso dell’invalidità civile e dell’handicap”.
Oltre il 60% delle associazioni che ha preso parte all’indagine segnala la carenza di servizi socio-sanitari sul proprio territorio (ad esempio logopedia, riabilitazione, assistenza domiciliare, servizi di trasporto) e le difficoltà di orientarsi fra i servizi, più del 50% evidenzia difficoltà in ambito lavorativo, legate alla propria patologia, disagi nel comunicare la malattia, difficoltà economiche. Il rapporto col medico è problematico, se il 78% denuncia di aver poco tempo a disposizione per l’ascolto, di aver visto sottovalutati i propri sintomi (44%), la poca reperibilità (42%) e la scarsa empatia (26%).
Il percorso dei malati è irto di ostacoli. Si parte spesso davvero in salita, perché la stessa diagnosi viene fatta in tempi lunghi. A volte, spiega Cittadinanzattiva, servono anni di attesa, sofferenza e incertezza – nonché un impegno economico gravoso – prima di arrivare a una diagnosi di malattia cronica o rara. Se serve un ricovero ospedaliero, in due casi su cinque i pazienti sono costretti a ricoverarsi lontano da casa, in più di un caso su tre finiscono in reparti non idonei. Le difficoltà burocratiche denunciate riguardano soprattutto il riconoscimento dell’invalidità civile e dell’handicap. Altro aspetto critico è la gestione del dolore: per il 62% delle associazioni,il personale sanitario sottovaluta il dolore; per il 38% manca un raccordo tra specialista e servizio di cure palliative. Il 28% lamenta che i costi per una adeguata terapia analgesica siano a carico dei cittadini e il 24% ha difficoltà a farsi prescrivere farmaci oppiacei.
L’andamento della cura non va meglio. Il 58% delle associazioni denuncia che i sintomi sono stati sottovalutati e dunque c’è stato ritardo nelle cura, uno su quattro segnala di aver dovuto fare esami inutili perché non adatti alla propria patologia o ripetuti più volte. L’aderenza terapeutica è spesso difficile per i costi indiretti della cura (permessi di lavoro o spostamenti), per le difficoltà burocratiche, per le interazioni con altri farmaci o per i costi della terapia. In altri casi interviene lo scoraggiamento perché non si ottengono i risultati attesi o perché si tratta di una terapia eccessivamente lunga e complicata.
Quando si passa poi alle malattie rare, l’indagine evidenzia che il primo problema per chi ha una patologia rara è la distanza dal centro di riferimento (68%) e di conseguenza i costi privati per lo spostamento e l’alloggio (61%). Un’associazione su due denuncia la difficoltà di arrivare alla diagnosi e la mancanza di centri di rifermento. Alte le percentuali (oltre quattro su dieci) di associazioni che denunciano difficoltà nel riconoscimento dell’invalidità, mancato riconoscimento della patologia, difficoltà a comprare parafarmaci quali alimenti particolari, pomate e colliri, e a pagare privatamente esami e visite.
“A distanza di circa sette mesi dalla introduzione del Piano nazionale delle cronicità, alla cui stesura ed approvazione abbiamo contribuito come Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici, non possiamo permettere che questo rimanga solo sulla carta – ha detto Tonino Aceti, responsabile del Coordinamento nazionale della Associazioni dei Malati Cronici – Infatti, ci risulta che, ad oggi, solo le Regioni Umbria e Puglia abbiano recepito formalmente il Piano; altre, ma ancora troppo poche, si stanno muovendo e lo fanno in ordine sparso. Chiediamo che entro l’anno tutte le Regioni lo recepiscano formalmente con delibera e che il Ministero della Salute istituisca al più presto la cabina di regia, garantendo la partecipazione di associazioni di cittadini e pazienti. E ancora, servono segnali e impegni concreti per la vita quotidiana dei pazienti: un piano nazionale per la semplificazione della burocrazia, a cominciare dalle procedure per il rinnovo del piano terapeutico sui farmaci salvavita, per il rilascio di protesi e ausili, per superare gli ostacoli nel riconoscimento di invalidità civile ed handicap. E ancora, un impegno per assicurare percorsi di cura reali ed esigibili per tutti: deve essere direttamente il SSN a prenotare esami, visite e prestazioni di controllo per il cittadino con malattia cronica o rara e a garantirli in tempi certi”.