A volte può capitare di scontrarsi con persone la cui vita è degna di un romanzo, alcuni romanzi sono degni di essere ricordati e riletti a lungo, alcuni dei loro personaggi sono così veri da lasciarci senza parole e, alcuni di questi scritti, sono autobiografie di un tempo che possiamo solo immaginare.
La nostra storia, che comincia ad Aracataca, un paese colombiano che, se non fosse vero, potrebbe essere tranquillamente diventare il frutto della fantasia di qualche scrittore.
Un paese vicino alla Sierra Nevada, nato e sviluppatosi perché in zona Bananera, nel quale presto si trasferì Gabriel Eligio, nato nel 1901, temperamento difficile da capire e da soddisfare.
Molto più povero di quanto non sembrasse, considerò sempre la povertà un nemico da sconfiggere.
Non era nato in questa regione della Colombia, ma la sua posizione di telegrafico lo portò nell’ultimo posto in cui credeva di finire.
Era un conservatore, ma si ritrovò a vivere ed a lavorare in un paese dove il colonnello in capo, potremmo dire il sindaco, non lo era affatto.
Ma non sempre le cose prendono la piega che ci si aspetta, e fu così che il nuovo arrivato, l’indesiderato che veniva lasciato in piedi durante le riunioni ufficiali, trovò l’unica persona che potesse portare luce nella sua vita, la figlia del colonnello, Luisa Santiaga.
La famiglia, come da tradizione letteraria ormai consolidata sin dai tempi di Romeo e Giulietta, si oppose e, sempre come da tradizione, né Gabriel Eligio né Luisa Santiaga cedettero dinanzi al rigore di quell’ostacolo.
Messaggi segreti d’amore consegnati furtivamente, rari incontri segreti e la prova più dura di tutte, un viaggio di Luisa di quasi un anno attraverso la Sierra Nevada, più che altro organizzato per dividere i due amanti.
Anche in quella circostanza i due novelli fidanzati si erano organizzati, con la complicità dei telegrafisti di sette paesi diversi che davano loro la possibilità di tenersi in contatto.
Ma nulla poteva dividerli e così l’11 giugno del 1926, nella Cattedrale di Santa Marta, con quaranta minuti di ritardo – la sposa aveva dimenticato la data delle nozze – riuscirono a sposarsi.
Due mesi dopo le nozze Luisa era incinta e l’ottima notizia costrinse il colonello a deporre le armi nei confronti dei due novelli sposi con le parole: “Sono pronto a darle tutte le soddisfazioni che siano necessarie”.
Fu così, sotto un acquazzone torrenziale fuori stagione, che nacque ad Aracataca il primo di sette maschi e quattro femmine. Era il 6 marzo 1927.
Un parto difficile, in cui il bambino rischiò di soffocare a causa del cordone ombelicale, ma che si risolse in maniera positiva.
Il bimbo crebbe bene; durante un viaggio con la mamma in treno fu colpito dal nome di uno dei villaggi bananieri abitati dai gringos, nei pressi di Aracataca, sua città natale.
Un villaggio chiuso da cinta di filo spinato, che però si poteva spiare dai finestrini del treno.
Il villaggio dei gringos si chiamava Macondo e il bambino sul treno era Gabriel Garcia Marquez.
*chi volesse approfondire la vicenda la può leggere, in maniera molto più chiara e con una scrittura sicuramente più ricca, nel libro “Vivere per raccontarla” di Gabriel Garcia Marquez. Il libro che l’autore ha cercato per tutta la vita.