L’Italia si colloca ai vertici delle classifiche europee del riciclo dei rifiuti, nonostante non sia fra i Paesi più virtuosi quanto a capacità di raccolta differenziata e sebbene talune città come Roma versino in difficoltà nella gestione del servizio di smaltimento. La differenza in positivo la fa la componente di riciclo legata ai rifiuti pre consumo, ossia gli scarti industriali (rifiuti cosiddetti ‘speciali’). Grazie a essa l’Italia può vantare questo primato. Lo rileva il Report Finanza Locale 2016 a cura del Centro Studi e ricerche di Cassa depositi e prestiti. Non a caso, i rifiuti speciali prodotti da Belpaese sono oltre quattro volte superiori a quelli urbani (nel 2014 prodotti circa 131 milioni di tonnellate di rifiuti speciali). Ecco perché, secondo l’Ispra, l’Italia – con il suo 75% di rifiuti speciali riciclati – è al secondo posto in Europa (la media Ue è pari a circa il 46%). Meglio dell’Italia fa solo la Slovenia (80,3%), mentre seguono subito dopo il Belgio (oltre 73%) e la Germania (70% circa). Molteplici sono, tuttavia, le criticità rilevate che ostacolano una gestione efficiente del comparto, tra cui una dotazione impiantistica ancora oggi irrazionale, insufficiente in alcune aree, obsoleta e talvolta sovradimensionata in altre. Con l’obiettivo di agevolare gli investimenti necessari a migliorare la dotazione infrastrutturale sarebbe importante puntare, tra le altre cose, su processi di aggregazione, interventi in equity, incentivi per il coinvolgimento di investitori di lungo termine e sulla sinergia con le risorse europee. Inoltre – aggiunge il rapporto – nel 2014 in Italia si sono prodotti quasi 30 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani, circa 500 kg pro capite. Il 34% di questa montagna di scarti viene ancora smaltito in discarica, rispetto a una media europea che si aggira intorno al 28%. Alcuni dei Paesi europei più virtuosi, conclude il Centro studi, sono prossimi a raggiungere l’obiettivo di azzerare il conferimento in discarica (0,6% in Svezia, 1% in Belgio, 1,3% in Danimarca, 1,4% in Germania e in Olanda).