Nel 2022, circa 4,7 milioni di italiani, pari al 7,9% della popolazione, vivono in Comuni caratterizzati da fragilità massima o molto alta. Complessivamente, si tratta di quasi 1.200 Comuni, concentrati soprattutto in Sicilia, Calabria e Campania. Al contrario, oltre il 44% della popolazione risiede in Comuni a fragilità minima o molto bassa, prevalentemente nel Nord-est, nelle province autonome di Trento e Bolzano e in Veneto.
Secondo l’Indice composito di Fragilità Comunale (IFC) dell’Istat, che misura i rischi naturali, le pressioni antropiche e le condizioni socio-economiche dei territori, la fragilità dei Comuni italiani è in calo rispetto al 2018. La quota di Comuni e popolazione nei territori più critici è diminuita di oltre 5 e 3 punti percentuali, mentre quelli in condizioni più stabili sono aumentati rispettivamente di circa 7 e 12 punti.
Il miglioramento è più evidente nelle Isole e nel Sud, con riduzioni significative in Sicilia e Puglia, così come un incremento della popolazione in Comuni meno fragili nel Nord-ovest e nel Centro. Tuttavia, permangono forti divari territoriali: i Comuni più piccoli e periferici continuano a essere maggiormente vulnerabili, con livelli di fragilità massima o molto alta che raggiungono il 23% nei Comuni fino a 1.000 abitanti e il 25,7% in quelli più isolati.
La distribuzione geografica evidenzia modelli di sviluppo e gestione delle risorse differenti: nel Nord-est si concentrano Comuni virtuosi, con bassa fragilità e gestione efficiente dei rifiuti, mentre nel Mezzogiorno i Comuni più fragili si associano spesso a basso sviluppo economico, spopolamento e limitata accessibilità ai servizi essenziali.
L’analisi conferma dunque un’Italia a due velocità: se da un lato cresce la resilienza dei territori, dall’altro permangono aree ancora fortemente esposte a rischi naturali, sociali ed economici, con un Mezzogiorno e Isole più vulnerabili rispetto al Nord e al Centro del Paese.
Maggiori informazioni nella nota Istat