Bruxelles, più flessibilità per l’Italia ma aumento dell’Iva e deficit/Pil a 1,8% nel 2017

Dovremmo essere al momento della verità, quando la Commissione Ue renderà note domani le sue valutazioni sulle leggi di bilancio degli Stati membri per il 2016, corredate dalle “raccomandazioni specifiche per paese”, sempre che venga confermato il tema nell’agenda della riunione del Collegio. Nel frattempo, una lettera recapitata all’Italia reca l’intenzione da parte della stessa Commissione di concedere la flessibilità di bilancio richiesta e motivata dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, pari a 0,85 punti percentuali di Pil (14 miliardi di euro), ma a condizione che il Governo si impegni a mantenere il rapporto deficit/Pil del 2017 all’1,8%, con una correzione di 0,1 punti percentuali rispetto al dato dell’1,9% atteso dall’Esecutivo comunitario nelle sue previsioni economiche d’autunno. La Commissione rimarca che si tratta di una flessibilità che non ha precedenti con nessun altro Paese. La condizione più pesante, tuttavia, è un’altra. Bruxelles chiede all’Italia di mantenere la clausola di salvaguardia, ovvero l’aumento dell’Iva, che il Governo aveva predisposto come garanzia in caso di necessità per rispettare gli obiettivi di bilancio, ma che poi ha annunciato di non volere attuare. Nella lettera – inviata dal vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, e dal commissario agli Affari economici e finanziari, Pierre Moscovici, al ministro Padoan – vengono confermate le cifre che girano già da tempo riguardo alla quantificazione dei diversi elementi della flessibilità concessa: 0.5 punti percentuali di Pil per le riforme strutturali fatte dall’Italia e considerate convincenti, 0.25 punti per gli investimenti produttivi, e il resto per tenere conto dei costi della crisi migratoria (0.04%) e del giro di vite nella sicurezza (0.06%).

Da precisare che la decisione di mantenere all’ordine del giorno per la riunione del collegio dei commissari di mercoledì le “pagelle” sui bilanci degli Stati membri non è ancora sicura, perché oltre al caso dell’Italia, che appare ormai poco controverso, altri paesi hanno una situazione molto più delicata. Circostanza che potrebbe indurre i capi di gabinetto a un rinvio. Si tratta di Spagna e Portogallo, che non sono riusciti a ridurre al fatidico 3% il proprio deficit-Pil e sono dunque in situazione di palese infrazione rispetto alle regole del Patto di Stabilità, al punto che la Commissione potrebbe prospettare per loro, teoricamente, la richiesta di sanzioni finanziarie fino allo 0,2% del loro Pil.