E’ iniziato il declino delle ecomafie? Forse sì, forse no. Per farsi un’idea documentata sul fenomeno occorre leggere il rapporto ‘Ecomafia 2017’ di Legambiente, presentato il 3 luglio alla Camera. Secondo l’accurata indagine condotta dall’Associazione, nel 2016 sono stati 25.889 i reati ambientali accertati su tutto il territorio nazionale: 71 al giorno, circa tre ogni ora, configurando un business che vale circa 13 miliardi, anche se si registra un calo del fatturato (-32%) rispetto allo scorso anno. Il Mezzogiorno si conferma area più colpita e la Campania rimane in testa alla classifica regionale degli illeciti. Il Lazio,invece, è sempre la prima regione del centro Italia a subire i reati ambientali, mentre la Liguria è la prima del nord. A parere degli esperti, “la contrazione del giro d’affari mafioso è dovuto soprattutto alla riduzione della spesa pubblica per opere infrastrutturali nelle quattro regioni tradizionalmente caratterizzate da un forte radicamento delle organizzazioni criminali e al lento ridimensionamento del mercato illegale”.
Legambiente ritiene, pertanto, che la legge sugli ecoreati stia funzionando e ne fornisce i dati:
a distanza di due anni dall’entrata in vigore delle norme, crescono gli arresti del 20% (225), le denunce (28.818), i sequestri (7.277) e diminuiscono del 7% gli illeciti (passati da 27.745 del 2015 a 25.889 nel 2016). Permangono, tuttavia, segnali negativi che rendono il quadro generale in chiaro-scuro. Dilaga, ad esempio, la corruzione, ma calano invece i reati contro gli animali, controbilanciati dall’aumento di quelli legati al ciclo illegale dei rifiuti e degli incendi che hanno mandato in fumo più di 27.000 ettari. Nessuna buona notizia dal fronte dell’abusivismo che annovera 17mila nuove costruzioni fuorilegge.
Il rapporto evidenzia le città che scontano i maggiori illeciti ambientali: Napoli al top con 1.361 infrazioni, seguita da Salerno (963), Roma (820), Cosenza (816) e Palermo (811).
Immediati i commenti e le reazioni degli esponenti politici più interessati al tema, a cominciare dal presidente di Legambiente, Rossella Muroni: ”Quest’anno il rapporto ci restituisce una fotografia che non ha solo tinte fosche, ma anche colori di speranza grazie alla legge che ha introdotto nel codice penale i delitti ambientali e che ha contributo a renderci un Paese normale, dove chi inquina finalmente paga per quello che ha fatto. Ora è importante proseguire su questa strada non fermandosi ai primi risultati ottenuti, ma andando avanti investendo maggiori risorse soprattutto sulla formazione degli operatori dedicati ai controlli e dando gambe forti alle Agenzie regionale di protezione ambientale, che stanno ancora aspettando l’approvazione dei decreti attuativi. Non dimentichiamoci però – ha sottolineato – che c’è ancora una malattia in corso, e che è potente, e che dobbiamo ‘spazzarla’ via; ma abbiamo dimostrato che può esserci una normalizzazione e che la legalità alla fine paga, anche perché è l’unico modo per accedere al progresso: l’ambiente può essere al centro di un nuovo modo di fare economia”.
“Sono il primo a pensare che l’antimafia del XXI secolo, per essere davvero un’antimafia sociale, radicata nella sensibilità della popolazione e capace di coinvolgere le migliori energie culturali, debba essere ‘anti-ecomafia’ – ha replicato il Ministro della giustizia, Andrea Orlando, e ha aggiunto – Il rapporto di quest’anno ci dice che le ecomafie non hanno vinto. Ci sono le premesse perché possano essere significativamente indebolite. Ma non dobbiamo abbassare la guardia, né tantomeno cullarci sugli allori. È questo il momento in cui agire insieme per rafforzare la nostra azione”.