“La felicità non è reale se non è condivisa”, è la frase centrale del celebre film “Into the Wild” e comunque la si pensi qualcosa di vero c’è.
A sostenerlo è il IV Rapporto mondiale sulla felicità, che viene presentato oggi presso il Centro convegni della Banca d’Italia.
Il Report, alla cui stesura hanno contribuito le Università di Tor Vergata e Lumsa, si basa sull’indagine Gallup, l’unica a disporre di dati qualitativi a livello individuale su quasi tutti i Paesi del mondo. La ricerca si basa su sei variabili in grado d’intercettare 75% delle differenze di felicità tra gli abitanti del pianeta. L’analisi si basa, inoltre, sulle disuguaglianze di benessere individuale, indicando anche la classifica dei Paesi sia in termini di livelli di felicità media sia di tassi di variazione (quelli con maggiori aumenti e riduzioni).
Il filo rosso del Rapporto è quello di promuovere l’utilizzo di diverse misure di benessere nella valutazione del progresso di ogni civiltà e nazione. Lo studio suddivide le variabili individuali e le variabili-Paese, sottolineando quanto conti la politica nazionale per la soddisfazione della vita individuale. Fattori come educazione, buona salute, fiducia, contribuiscono a delineare le strade del benessere orientando allo sviluppo. “Chi punta solo sul Pil rischia di avere brutte sorprese – ha spiegato uno degli organizzatori della Conferenza, Leonardo Becchetti -. Le recenti elezioni irlandesi, il cui governo è stato sonoramente sconfitto nonostante una crescita sulla carta del 7%, lo dimostrano chiaramente. La soddisfazione di vita è una misura sintetica a cui la politica e i media dovrebbero fare particolare attenzione, perché in grado di catturare tutti i fattori che incidono sulla soddisfazione dei cittadini”. L’aumento delle disuguaglianze ci sta suggerendo che il bene dei singoli cittadini più ricchi può crescere a discapito di quelli più poveri, insomma non si può certo essere felici da soli, perché l’economia è relazione e la felicità è una forma alta di bene comune.