Dal Rapporto Osservasalute 2017 emerge come nel nostro Paese siano stati fatti notevoli progressi sui corretti stili di vita prestando attenzione alla pratica sportiva e al wellness più in generale. Con la giusta prevenzione, la salute degli italiani presenta meno rischi e soprattutto meno eventi infausti per neoplasie e malattie croniche come l’ipertensione e il diabete (i tassi di mortalità precoce per queste cause sono diminuiti del 20% in dodici anni).
I cittadini, insomma, si occupano in maniera più attiva della propria salute, tenendo alla forma fisica (nel 2016 il 34,8% della popolazione, pari a circa 20 milioni e 485 mila, hanno praticato attività sportiva quotidiana). Nel 2015 il dato si attestava invece al 33,3%, pari a circa 19 milioni e 600 mila. Tante però le criticità ancora da affrontare e da risolvere: nel periodo 2001-2016, ad esempio, è aumentata la percentuale delle persone in sovrappeso (tre anni fa erano il 33,9% ed oggi sono il 36,2%).
Nel tempo l’efficacia delle cure e della prevenzione è andata migliorando, in particolare per quanto riguarda la diagnostica legata ai tumori, lo dimostra la diminuzione dei nuovi casi di neoplasie al polmone tra gli uomini (-2,7% annuo) e della cervice uterina tra le donne (-4,1% annuo). Se i tumori per il genere maschile sono diminuiti, al contrario si riscontrano dati in aumento per le neoplasie polmonari tra le donne (+1,6% tra il 2005 e il 2015). Alcune patologie tumorali prevenibili presentano un progresso parziale, è il caso di quelle del colon-retto maschile e della mammella femminile, per i quali la mortalità si è ridotta, ma persiste un lieve aumento dell’incidenza.
Nel quadro d’insieme del nostro Paese, un dato che balza agli occhi è quello dell’invecchiamento della popolazione (in particolare gli over 75), ma in riferimento a questa fascia di persone sono in crescita coloro che hanno limitazioni fisiche, che non sono in grado di svolgere autonomamente attività quotidiane anche semplici come preparare i pasti ed effettuare una telefonata. L’Italia è tra i Paesi più longevi d’Europa e nel mondo. Secondo i dati del 2015 lo Stivale si colloca al secondo posto dopo la Svezia per la più elevata speranza di vita alla nascita, che per gli uomini è di 80,3 anni e al terzo posto dopo Spagna e Francia per le donne (84,9 anni), a fronte di una media dei Paesi dell’Ue di 77,9 anni per gli uomini e di 83,3 anni per le donne.
Lungo tutta la Penisola sono oltre 8 milioni gli anziani (75-84 anni) e rappresentano l’8,0% della popolazione complessiva. A tale riguardo vi è una differenziazione geografica che vede in Liguria la struttura per età più sbilanciata verso la senilità con un 10,7% del totale, mentre in Campania vi è il 6,2% degli ottantenni italiani. Nel Paese le persone che hanno più di 84 anni si attestano a 2 milioni, ovvero il 3,4% del totale della popolazione residente. Dall’ultima rilevazione effettuata, circa tre residenti su 10.000 hanno 100 anni ed oltre. In questo segmento di popolazione le donne sono assai più numerose degli uomini.
Nonostante l’invecchiamento costante e l’aumento delle malattie croniche, in Italia si verificano meno decessi in età precoce: il tasso di mortalità è diminuito di circa il 20% negli ultimi 12 anni, passando da un valore di circa 290 a 230 per 10.000 persone in età compresa tra i 30 e i 69 anni. Le differenze a livello territoriale della mortalità precoce sono evidenti e il gap non è stato colmato con il passare degli anni. A tale riguardo nel 2015 in Trentino è stato registrato il valore più basso (195,6 per 10.000), mentre in Campania è stato registrato il tasso di mortalità precoce più alto (297,3 per 10.000), con un indice del 22% circa maggiore di quello nazionale e del 14% più alto delle altre regioni del Mezzogiorno.
Oltre al territorio Trentino, le aree territoriali con la mortalità precoce più bassa sono state l’Umbria (204,7 per 10.000), l’Emilia Romagna (205,8 per 10.000) e il Veneto (206,9 per 10.000). Le regioni con la mortalità più alta, oltre la Campania, sono state, invece, la Sicilia (254,7 per 10.000) e la Sardegna (249,2 per 10.000). Il Lazio presenta un tasso abbastanza alto, pari a 245,3 per 10.000, più vicino alle regioni del Mezzogiorno che a quelle del Centro.
Una fotografia del Paese che vede molti passi avanti già compiuti ed altrettanti ancora da fare. I dati emergono dalla XV edizione del Rapporto Osservasalute 2017, un’analisi dello stato di salute della popolazione e della qualità dell’assistenza sanitaria nei diversi territori italiani. Il documento è stato pubblicato dall’Osservatorio nazionale sulla Salute nelle regioni italiane che ha sede a Roma presso l’Università La Cattolica ed è coordinato dal professor Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di Sanità, direttore dell’Osservatorio e ordinario di Igiene all’Università La Cattolica e da Alessandro Solipaca, direttore scientifico dell’Osservatorio.