Che le città del mondo siano in rapida e profonda trasformazione, con un’intensità mai vista nei secoli precedenti, è un fatto palese, anzi un luogo comune. “Smart city” è probabilmente la formula magica che meglio descrive e sintetizza questo mutamento, poiché riassume in sé diverse funzioni e variabili (sostenibilità, digitalizzazione, cittadinanza, qualità della vita, ecc.). E tuttavia altri aspetti collaterali e complementari meritano attenzione. Uno per tutti, il fattore “housing sociale”, che si dimostra efficace propulsore della trasformazione urbana. Il punto sul fenomeno, in corso in diverse realtà metropolitane, lo ha fatto Giordana Ferri per conto della Fondazione Housing Sociale – costituita nel 2004 dalla Fondazione CARIPLO per sperimentare approcci e soluzioni innovative per la strutturazione, il finanziamento, la realizzazione e la gestione d’iniziative di edilizia sociale economicamente sostenibili – illustrando l’evoluzione dei modi di abitare e vivere la città, da Londra a Milano. Non a caso, la ricercatrice ha curato New Urban Body (NUB), una mostra “itinerante” dedicata, appunto, a tale concetto: organismi urbani multifunzionali che possano rispondere in modo flessibile al compito di costruire il proprio “palinsesto urbano” quotidiano. Compare, dunque, sulla scena una nuova categoria interpretativa del cambiamento, segno che nella comunità scientifica internazionale l’esigenza di comprensione e di razionalizzazione dei processi in atto si fa sempre più forte. Di che si tratta nel caso di specie? Ce lo spiega a chiare lettere la Ferri:
“I New Urban Body hanno alcune caratteristiche distintive: sono abitati da persone molto diverse tra loro; vengono utilizzati quasi a tutte le ore e sono animati da un’ampia gamma di attività; sono promossi e gestiti da diversi attori, pubblici e privati; sono accessibili con diverse modalità di offerta e fruibili su diverse scale temporali; operano su diversi livelli (locale, globale, fisico, virtuale); sono orientati alla sostenibilità economica, sociale e ambientale”. In altre parole, attraverso i NUB si snoda una nuova attitudine a vivere il tempo, lo spazio e la proprietà, in modo fluido e strategico rispetto agli impegni quotidiani. Questa evoluzione dei modi di abitare, lavorare, incontrarsi e fruire dei servizi può incidere positivamente sulla trasformazione delle città, così come la qualità esistenziale delle persone. Vogliamo citare alcuni esempi? A Londra spicca il Collective Old Oak. Completato nel 2016 nella zona di West London, è il più grande esempio di spazio di co-living al mondo, nuovo punto di riferimento per le elite professionali nella capitale britannica. Si dirà, Londra è la “Lanterna Magica del globo”, all’avanguardia su tutto… Ma anche in Italia non mancano sperimentazioni di successo in questa direzione: a Milano fiorisce Borgo Sostenibile, che conta oltre 300 alloggi offerti in locazione a canone calmierato o con patto di futura vendita, mettendo al centro l’idea di mixité e intergenerazionalità. E poi, oltre agli appartamenti ci sono numerosi spazi comuni a disposizione degli inquilini, in aggiunta a servizi e centri commerciali di varia caratura. Da queste esperienze la Fondazione Housing Sociale sta imparando e acquisendo informazioni utili per potenziare la propria iniziativa urbana. Ecco perché ha attivato 4 programmi intersettoriali, con un budget di 10 milioni di euro ciascuno, focalizzati sulle periferie, sulle aree interne, sugli investimenti a impatto sociale e sulle opportunità di lavoro per i giovani. “Infatti – ha concluso la Ferri – la necessità di innovazione riguarda tutta la città, ma le periferie sono gli ambiti che in questo momento possono registrare il maggiore impatto in termini di beneficio per la popolazione”. Qualcuno ha sentenziato: “Salvare le periferie per salvare le città e l’intero Paese!”.