L’Italia è terza in Europa per il prelievo di acqua potabile per abitante, le reti comunali di distribuzione erogano ogni giorno per gli usi autorizzati, 214 l. di acqua potabile per abitante (36 l. in meno del 1999). Nel 2021, il 21% della spesa per la protezione dell’ambiente è destinato ai servizi di gestione delle acque reflue, nel 2020, il 19% della superficie agricola utilizzata è irrigato.
Secondo il Rapporto Istat sull’acqua, pubblicato in occasione della Giornata mondiale dell’acqua,il volume delle perdite idriche nella fase di distribuzione dell’acqua e’ pari a 3,4 mld. di metri cubi, il 42% dell’acqua immessa in rete. Una quantita’ tale da poter soddisfare le esigenze idriche di 43,4 mln. di persone per 1 anno; l’indicatore e’ in risalita rispetto al 2020 (42%), a conferma dello stato di inefficienza di molte reti di distribuzione. Le perdite totali di rete sono da attribuire a: fattori fisiologici, presenti in tutte le infrastrutture idriche, non esiste infatti un sistema a perdita zero; rotture nelle condotte e impianti vecchi; fattori amministrativi, errori di misura dei contatori e usi non autorizzati (allacci abusivi). A livello geografico, nel 2022, i distretti idrografici con le perdite piu’ ingenti in distribuzione sono la Sardegna (52,8%), la Sicilia (51,6%) e l’Appennino meridionale (50,4%), seguito dall’Appennino centrale (45,5%). L’indicatore raggiunge il valore minimo nel distretto del Fiume Po (32,5%) e risulta di poco inferiore al dato nazionale nei distretti delle Alpi orientali (40,9%) e Appennino settentrionale (40,6%). Guardando alle regioni, in 9 le perdite idriche sono superiori al dato nazionale, con i valori piu’ alti in Basilicata (65,5%), Abruzzo (62,5%), Molise (53,9%), Sardegna (52,8%) e Sicilia (51,6%); di contro, le regioni del Nord hanno un livello di perdite inferiore, con Veneto (42,2%) e Friuli-Venezia Giulia (42,3%) in linea col dato nazionale. Nella provincia autonoma di Bolzano (28,8%), in Emilia-Romagna (29,7%) e Valle d’Aosta (29,8%) si registrano le perdite minori.
Una risorsa preziosa per l’uso idropotabile delle città deriva, invece, dal sistema delle Acque sotterranee, nel 2022, l’84,7% del prelievo deriva da acque sotterranee (48% da pozzo e 36% da sorgente) e il 15% da acque superficiali (bacino artificiale, corso d’acqua superficiale e lago naturale). A integrazione delle fonti di acqua dolce, per sopperire alle carenze idriche, una parte del prelievo è derivata da acque marine o salmastre (0,1% del totale), concentrata in Sicilia per approvvigionare le isole minori, e in minima parte in Toscana e Lazio. Le fonti sotterranee sono la modalità di approvvigionamento prevalente in Italia, con quote superiori al 75% in tutti i distretti idrografici, ad eccezione della Sardegna in cui lo sfruttamento di sorgenti e pozzi è contenuto e incide sul 21% del prelievo. L’uso di fonti sotterranee è preponderante nei distretti Appennino centrale e Alpi orientali, dove rappresenta il 94% del prelevato; lo sfruttamento di sorgenti a scopo idropotabile prevale nel distretto Appennino centrale (70% del volume), seguito dal distretto dell’Appennino meridionale (48%). L’utilizzo di pozzi è peculiare del distretto del Fiume Po, nell’area della pianura padana, che concorre al 42% del volume prelevato a livello nazionale da questo tipo di fonte. L’uso idropotabile di acque superficiali è prevalente nel distretto della Sardegna per i prelievi da bacino artificiale che incidono sul 78,6% del volume complessivo; rispetto al volume prelevato, il ricorso ad acque superficiali è massimo nel distretto Appennino meridionale (436 mln. di metri cubi, pari al 31% del volume nazionale).
Fonte: ISTAT