Dopo anni di mare le imbarcazioni da carico, quelle container, le petroliere, come pure le navi da crociera e i traghetti, vengono spesso vendute per essere rottamate.
La loro destinazione finale è quasi sempre verso i Paesi asiatici con storie di smantellamento illegale, devastazione ambientale e sfruttamento di migliaia di persone costrette a lavorare a contatto con materiali altamente tossici e inquinanti.
Di questo parla l’esposizione fotografica promossa da Legambiente e dall’organizzazione Ngo Shipbreaking platform aperta dal 4 all’11 gennaio a Roma da RED via Tomacelli.
La mostra è stata realizzata dal graphic designer Isacco Chiaf e da Tomaso Clavarino, giornalista e fotografo. I due professionisti si sono recati in Bangladesh e in India per documentare le attività di demolizione di queste navi. L’esposizione, che è già stata allestita a Bruxelles presso la sede del Parlamento europeo, è composta da dodici foto.
Il fenomeno dello smantellamento selvaggio delle navi in Asia meridionale è in forte crescita negli ultimi anni. Solo nel 2016 ben 668 imbarcazioni, cioè l’87% di tutta la stazza lorda smantellata globalmente, sono state infatti demolite nelle zone costiere di paesi che non rispettano standard minimi di protezione ambientale e sono noti per lo sfruttamento del lavoro minorile. Le navi vengono arenate sulle spiagge dell’India, del Bangladesh e del Pakistan, dove sono fatte a pezzi manualmente da lavoratori, per lo più migranti, nelle ampie zone intertidali. Proprio in Bangladesh, secondo NGO Shipbreaking platform, si trovano i cantieri con le peggiori condizioni di lavoro e di smaltimento dei rifiuti tossici presenti nelle strutture delle imbarcazioni.
Ogni anno circa mille navi raggiungono la fine del loro ciclo di vita e vengono smantellate per recuperare acciaio ed altri materiali utili – ha detto il responsabile nazionale Mare di Legambiente Sebastiano Venneri -. La demolizione navale è un’attività pericolosa che richiede la presenza di misure adatte a proteggere l’ambiente marino, ad assicurare un corretto smaltimento dei rifiuti tossici ed a garantire elevati standard in tema di sicurezza e salute per i lavoratori. Eppure solo poche navi vengono rottamate in modo sicuro e sostenibile. Una situazione che oggi non è più tollerabile. L’Italia non è esente da queste pratiche e proprio per questo occorre far pressione anche sugli armatori nazionali perché evitino procedure illegittime ed economicamente vantaggiose e individuino piuttosto soluzioni sostenibili in grado di garantire un riciclaggio navale sicuro e pulito”.