Il lavoro pubblico si sta trasformando dopo decenni di pernicioso immobilismo. Si evince dall’indagine presentata da FPA, società del gruppo Digital360, al convegno di apertura di Forum Pa 2018. Diverse le novità. In primo luogo, una riduzione del 10,6% in un anno dei giorni di malattia e la diminuzione dei certificati medici (da 7 ogni 10 lavoratori del 2016 ai 6 certificati ogni 10 del 2017), soprattutto per il calo delle assenze brevi di un giorno, mentre si riduce di 4 punti la percentuale di lavoratori con almeno un giorno di malattia sul totale (dal 33% del 2016 al 29% del 2017). Un risultato raggiunto grazie alla lotta dura contro l’assenteismo e contro i “furbetti del cartellino” condotta negli ultimi tempi. Non a caso, sono già 40 i licenziamenti disciplinari avviati ai sensi della nuova norma introdotta con la riforma Madia, considerando che nel 2017 complessivamente nella Pa sono stati licenziate 324 persone, il 62,8% in più rispetto 5 anni prima, di cui quasi metà per assenze. Oltre alla “repressione”, tuttavia, emerge nella Pa pure l’innovazione, sia gestionale che tecnologica. Inizia a diffondersi, ad esempio, il lavoro agile: già 4.210 dipendenti pubblici operano in telelavoro (800 in più in un anno), per lo più negli enti locali, e oggi il 5% delle pubbliche amministrazioni ha progetti strutturati di smart working, un altro 4% lo pratica informalmente e quasi il 48% è interessata a una prossima introduzione. Si tratta, indubbiamente, di cambiamenti innescati dalla riforma Madia, i cui effetti di lungo periodo devono ancora dispiegarsi. Fatto sta che i dipendenti pubblici italiani sono 3,2 milioni, ancora in calo, perché i piani di nuove assunzioni partiranno solo quest’anno, con 246 mila persone uscite e non rimpiazzate dal 2008.
Oggi la Pa italiana può contare sul 70% in meno di dipendenti rispetto alla Germania, il 65% rispetto all’Inghilterra e il 60% della Francia. Pochi i volti nuovi, con appena 64 mila ‘nuovi dipendenti pubblici’, mentre aumentano i precari, che raggiungono quota 314mila, 25.000 in più rispetto al 2015. Anche in questo caso non si vedono gli effetti delle recenti politiche di stabilizzazione. In altre parole, la Pa nazionale si avvale di un personale invecchiato, con l’età media di 50,34 anni che cresce di 6 mesi ogni anno, oltre 450.000 over 60, per il 62% costituito da diplomati, che fa sempre meno formazione (6/7 ore di media ogni anno).
Langue anche la retribuzione. Lo stipendio medio è di 34.500 euro, sostanzialmente lo stesso dal 2009, con molte differenze tra i comparti, dai 138 mila euro della magistratura ai 28,4 mila del personale della scuola. Ecco perché la spesa complessiva per il personale diminuisce: 160 miliardi in tutto, 10 miliardi in meno rispetto al 2009. Un risparmio che porta l’Italia in linea con i principali Paesi europei. E ciascun cittadino italiano spende per il lavoro dei dipendenti pubblici 2.632 euro l’anno.”La Pa italiana – commenta Carlo Mochi Sismondi, presidente di FPA- si trova oggi sull’orlo del cambiamento possibile: l’ultima stagione di riforma ha posto le basi per ridefinire i tratti e il profilo della Pa, ma al momento, almeno stando alle ultime rilevazioni disponibili, non si sono modificati i dati strutturali relativi al pubblico impiego: il numero dei dipendenti e la spesa per redditi di lavoro si riducono, anche se meno velocemente del passato, sono stazionarie le condizioni di invecchiamento, i divari retributivi le condizioni di precariato di migliaia di persone che lavorano nel pubblico. E’ ancora irrisorio -sottolinea- l’investimento in formazione, pochissime sono le ‘facce nuove’ e permangono gli interrogativi sulla tenuta strutturale del sistema del pubblico impiego alle sfide del cambiamento e alla crescita dei fabbisogni di cittadinanza e imprese”.