La recente nota ministeriale sui terreni agricoli del 23 maggio 2016 amplia l’ambito applicativo dell’esenzione scritta con la legge di stabilità 208/2015 e conferma l’orientamento di favore già indicato nella circolare 3/DF/2012 in materia di IMU (quando l’agevolazione assumeva il valore della riduzione d’imposta).
La questione attiene alla definizione dei requisiti della fattispecie. Come noto, il comma 13 dell’articolo 1 della suddetta legge riconosce l’esenzione ai
terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione.
A decorrere dall’anno 2016 non è più dovuta l’IMU sui terreni adibiti ad attività agricola, posseduti e condotti da CD o IAP iscritti alla previdenza agricola, anche sulle aree edificabili che godono della cosiddetta finzione giuridica. Il requisito soggettivo prevede di essere coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali, vale a dire svolgere l’attività agricola di cui all’articolo 2135 cc, con iscrizione alla previdenza agricola. Quest’ultimo requisito è assolto con il versamento dei contributi agricoli per un certo numero di giornate lavorative. Il requisito oggettivo contempla il possesso del bene direttamente in capo al CD o IAP e la conduzione diretta da parte del medesimo.
Dal punto di vista normativo siamo collocati nel d. lgs 504/92, all’articolo 9 e all’articolo 2 comma 1 lettera b), dove si fa riferimento alla figura del coltivatore diretto e dell’imprenditore agricolo a titolo principale al fine di ottenere l’abbattimento d’imposta per valore ovvero la finzione giuridica su area edificabile. A chiarirne la portata applicativa intervenne il comma 2 dell’articolo 58 del d. lgs 446/97 che circoscrive l’articolo 9 alle persone fisiche iscritte negli appositi elenchi comunali previsti dall’articolo 11 della legge 9 gennaio 1963, n. 9, e soggette al corrispondente obbligo dell’assicurazione per invalidità, vecchiaia e malattia. L’articolo 13 del dl 201/2011 richiama esplicitamente le suddette norme.
Queste norme ritenute dalla giurisprudenza di stretta interpretazione sono state lette in modo estensivo, soprattutto dal pensiero ministeriale che ha fatto leva sia sulla figura dello IAP, che sul d. lgs. 228/2001. Nel primo caso si ritiene che, grazie all’estensione della qualifica di IAP alle società per il tramite dei soci, non sia più possibile limitare la nozione di IAP alle sole persone fisiche e di conseguenza anche i benefici fiscali. Con il secondo decreto si è giunti ad estendere la conduzione diretta ai soci delle società di persone che conferiscono in proprio terreni quando
le persone fisiche, coltivatori diretti e IAP, iscritti nella previdenza agricola, abbiano costituito una società di persone alla quale hanno concesso in affitto o in comodato il terreno di cui mantengono il possesso ma che, in qualità di soci, continuano a coltivare direttamente. Detta conclusione discende dall’applicazione dell’art. 9 del D. Lgs. 18 maggio 2001, n. 228 (circolare 3/DF/2012).
La recente nota ministeriale del 23 maggio 2016 amplia ulteriormente la platea considerando assolti i suddetti requisiti anche in capo al coadiuvante agricolo, benchè non sia titolare di partita IVA e tano meno il conduttore diretto del fondo, che risulta invece essere il CD o IAP. Si amplia il tal mondo il concetto di conduzione diretta rispetto all’intento originario della norma. A supporto di queste tesi spesso si richiama il fatto che si tratta solo di diversi moduli organizzativi, trascurando però gli effetti diversi che il modulo scelto produce sull’altro requisito, rappresentato dalla conduzione diretta, e trascurando anche la mancanza del requisito relativo all’iscrizione alla previdenza agricola, che mai può essere assolto dalla società.
Con apposita nota del 30 maggio 2016 l’Anci Emilia Romagna si fa interprete delle perplessità dei comuni. Ad avviso dell’Associazione, le motivazioni addotte dal Dipartimento delle finanze non appaiono condivisibili in quanto non aderenti al chiaro tenore letterale delle norme di riferimento, oltre che dei principi generali che devono guidare l’interprete con riferimento alle norme di agevolazione, che sono di stretta interpretazione. La normativa Imu prevede agevolazioni non per tutti coloro che a vario titolo esercitano attività agricola, ma solo per una determinata sottocategoria di essi, ovvero per quei soggetti che “possiedono e conducono direttamente” un terreno agricolo e che siano “coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali” di cui all’art. 1 del D.lgs. n. 99 del 2004, a condizione che siano iscritti alla previdenza agricola. La normativa Ici/Imu assicura agevolazioni solo a determinate categorie di soggetti esercenti l’attività agricola, ovvero a chi trae dall’esercizio di quest’attività la principale fonte di sostentamento, ovvero svolga attività d’impresa, e quindi sopporta il rischio di questa. La questione è quanto mai aperta e preoccupa ancora più adesso che l’agevolazione è diventata una esenzione.
Se davvero il legislatore intende estendere i benefici a tutte le forme di conduzione agricola, diventa urgente un intervento normativo in tal senso.