I rifiuti da imballaggi terziari e secondari non possono essere assimilati dai Comuni ai rifiuti urbani laddove non sia stata attivata la raccolta differenziata; è quanto stabilito dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma con la sentenza 3990/47/16 del 23 febbraio 2016.
Il ricorso era stato proposto da un ipermercato, avverso gli inviti al pagamento della TARI per i punti vendita siti nel Comune di Roma, che contestava gli importi richiesti in pagamento con esclusione di quelli relativi agli spazi adibiti ad uffici e reparti ortofrutta sull’assunto che, per la determinazione della superficie assoggettabile a TARI, non si tiene conto di quella parte di essa dove si formano in via continuativa e prevalente i rifiuti speciali al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori; poiché la ricorrente provvede a proprie spese al recupero ed allo smaltimento dei rifiuti speciali – tranne che per gli uffici ed il settore ortofrutta appunto – la stessa riteneva di non essere tenuta al pagamento.
La resistente invece, dopo una serie di eccezioni procedurali, affermava che il pagamento era dovuto per aver messo a disposizione dell’ipermercato dei cassonetti per la raccolta dei rifiuti solidi urbani e per quelli assimilabili.
I giudici provinciali hanno accolto il ricorso della società basandosi sul disposto del cd. Decreto Ronchi (D. Lgs. 22/1997) secondo cui i rifiuti vanno distinti in tre categorie: 1) RIFIUTI URBANI, 2) RIFIUTI SPECIALI, 3) RIFIUTI PERICOLOSI. I primi sono sempre soggetti a tassazione, i terzi sono sempre esclusi, mentre i secondo sono tassabili solo laddove il comune li abbia assimilati ai rifiuti urbani.
La legge 147/2013 istitutiva della TARI dispone che, per il computo della superficie tassabile, non si tiene conto di quella parte dove si formano i rifiuti speciali al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi.
Dagli atti di causa emergeva che la società non produce solo rifiuti speciali ma anche rifiuti da imballaggi primari e secondari per i quali sussiste l’assimilazione ai rifiuti urbani poiché il comune di Roma ha assimilato detti rifiuti speciali a quelli urbani; per tale ragione, secondo la tesi della resistente, spettava alla società non già una riduzione della superficie tassabile bensì una riduzione tariffaria.
La Commissione invece ha ritenuto che i rifiuti degli imballaggi terziari e secondari, laddove non sia stata attivata la raccolta differenziata, non possono essere assimilati dai Comuni a quelle urbani con la conseguenza che i regolamenti comunali che avessero previsto una tale assimilazione andrebbero disapplicati. Da ciò discende che le disposizioni emanate dal Comune di Roma sull’assimilazione di alcuni rifiuti speciali a quelli urbani non possono trovare applicazione poiché gli imballaggi prodotti dalla società rientrano tra i rifiuti terziari; ne consegue quindi una causa di esclusione della tassa ed un diritto della società ricorrente alla riduzione della superficie tassabile.
In tema di onere della prova poi, concludono i giudici, spetta al contribuente fornire all’amministrazione la prova dell’esistenza delle aree che non concorrono alla quantificazione della superficie imponibile; nella fattispecie in esame, la società ha dimostrato come nessun servizio venga svolto dall’Ente lo smaltimento degli imballaggi dato che lo smaltimento dei rifiuti viene attivato a spese della società e che la mera presenza dei cassonetti vicino ai punti vendita non può ritenersi idonea di per sè sola a provare l’esistenza di un servizio di raccolta di rifiuti speciali. Relativamente poi alle superfici destinate alla produzione di rifiuti speciali, la società ha indicato quali aree siano destinate ad uffici e reparto ortofrutta ed in quanto tali soggette a tassazione, dovendo invece le rimanenti superfici essere escluse da tassazione in quanto volte in via prevalente alla produzione di imballaggi terziari.