Una norma di interpretazione autentica, l’art. 1 comma 49 del Disegno di legge di stabilità approvato dalla Camera in via definitiva il 22.12.2015 (AC.3444B) ha stabilito che “il termine di cui all’articolo unico del decreto del Ministro dell’interno 13 maggio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 115 del 20 maggio 2015, deve intendersi riferito al 31 luglio 2015, in quanto ultimo giorno del mese di luglio”.
Tale norma ha di fatto “corretto” il decreto ministeriale citato. Quale è la ragione di tale intervento normativo?
Non è un obbligo che in tale materia i termini debbono coincidere con la fine del mese. Prova ne è che per quanto concerne le società commerciali è vero che entro il 30 aprile, ossia 120 giorni dopo la chiusura dell’esercizio al 31 dicembre, gli amministratori delle società di capitali devono presentare ai soci il “progetto” di bilancio ai fini della relativa approvazione, ma è altrettanto vero che gli stessi soggetti possono usufruire del maggior termine di 180 giorni, scadenti il 29 giugno qualora sussistano specifiche esigenze connesse con la struttura e l’oggetto della società, se previsto dallo statuto. Non è quindi una novità il fatto che i termini di bilancio non coincidano con l’ultimo giorno del mese.
La ragione infatti non è per esigenze contabili ma è da spiegarsi nel fatto che svariati comuni hanno avuto problemi per deliberare entro il 30 luglio u.s. le tariffe per i tributi locali, con la conseguenza che, senza la norma in oggetto, sarebbe stata dubbia e controversa l’applicazione dei tributi per l’annualità 2016.
In tema di Imu e di Tasi infatti si pensava addirittura di inserire una vera e propria sanatoria nel Ddl Stabilità ma, vista l’impossibilità di realizzarla, si è pensato di attutire il danno salvando almeno le aliquote approvate dai comuni il 31 luglio. L’emendamento, approvato in commissione bilancio alla Camera in prima lettura, apre quindi l’ombrello su 159 delibere con cui un centinaio di comuni hanno rideterminato le tariffe Imu, Tasi , Tari e addizionale Irpef. Anche in questo caso ovviamente il tutto entra in vigore il 1° gennaio 2016 ma la nuova regola è qualificata come interpretativa e quindi retroattiva: in pratica il comma citato stabilisce che la scadenza del 30 luglio entro cui i comuni dovevano approvare bilanci e aliquote, fissata un po’ a sorpresa in Conferenza unificata e scritta nel DM del Viminale del 13 maggio, si intende riferita al 31 luglio perché è quello l’ultimo giorno del mese.
Ricordiamo che l’art. 151, comma 1, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000 n.267, fissa al 31 dicembre il termine per la deliberazione del bilancio di previsione per l’anno successivo da parte degli enti locali.
È ben vero che la stessa legge dispone che tale termine può essere differito con decreto del Ministro dell’Interno d’intesa con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, sentita la Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali, in presenza di motivate esigenze, ma è anche vero che ormai tale eventualità è diventata una consuetudine a causa dei molteplici problemi organizzativi e di risorse degli enti locali. Tali problematiche meriterebbero una specifica attenzione da parte del legislatore che si limita a legittimare la ragione di tale proroga adducendo la mancanza di dati certi da parte degli enti locali in merito alla cognizione delle risorse disponibili, la necessità di ridefinire gli obbiettivi del patto di stabilità e di rinegoziare con la cassa depositi e prestiti i mutui concessi.
D’altra parte, in futuro, nel caso della concessione di tali proroghe i comuni dovranno ricordarsi di porre in essere le delibere del consiglio comunale al fine della regolare approvazione delle tariffe dei tributi locali nei termini previsti, essendo difficile che il legislatore possa nuovamente ricorrere a situazioni di salvataggio come quella sopradescritta.