Ai sensi dell’art. 1284 del codice civile il Ministro del Tesoro, con proprio decreto da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 15 dicembre dell’anno precedente, può modificare annualmente la misura dell’interesse legale sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi tenendo conto del tasso di inflazione registrato nell’anno. Qualora entro il 15 dicembre non sia fissata una nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l’anno successivo.
Con il decreto 11 dicembre 2015, pubblicato sulla G.U. del 15 dicembre 2015 n.291, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha modificato il saggio di interesse legale, con decorrenza dall’1 gennaio 2016 , fissandolo nella misura dello 0,2% (rispetto allo 0,5% del 2015).
Ricordiamo che nel campo della fiscalità locale il rilievo del saggio degli interessi legali rimane determinante ai fini del calcolo di incrementi: ad esempio, in tema di riscossione, la misura degli interessi applicabile ai tributi locali un tempo era fissa (7%) e determinata da singole leggi d’imposta (D.Lgs 504/1992 per l’ Ici; D.Lgs 507/1993 per l’imposta di pubblicità, la tassa occupazione suolo e aree pubbliche e la tassa rifiuti). A partire dalla Finanziaria 2007 (articolo 1 comma 165 Legge n. 296/2006) la misura annua degli interessi è determinata, da ciascun ente impositore, nei limiti di tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di interesse legale. Se l’ente non determina il saggio si applica l’interesse legale. L’istituto del saggio legale è quindi un punto di riferimento per tassi di tipo composto e rimane come parametro residuale in caso di mancate deliberazioni a riguardo.
Gli interessi, per autorevole definizione (bianca n.d.r.) sono “prestazioni pecuniarie percentuali e periodiche dovute da chi utilizza un capitale altrui o ne ritarda il pagamento” e quindi per gli enti locali hanno riguardo anche per altri aspetti di natura patrimoniale e contabile.
Non bisogna dimenticare, infatti, che la entrata in vigore del D.Lgs 9 ottobre 2002 n. 231, di attuazione della Direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, ha aperto nuovi scenari anche per quanto riguarda i pagamenti da parte di Pubbliche Amministrazioni. Infatti per esse deve ora considerarsi venuta meno quella posizione di privilegio che considerava i debiti delle Pubbliche Amministrazioni – ancorché scaduti, liquidi ed esigibili – solo a conclusione del procedimento contabile e quindi al momento della emissione del mandato di pagamento cosicché, prima di quel momento, l’Amministrazione non poteva essere condannata al pagamento di interessi moratori, né essere assoggettata a procedura esecutiva.
Il citato D.Lgs n.231/2002 non soltanto ha introdotto una disciplina che in generale agevola la possibilità, per il creditore, di ottenere la prestazione pecuniaria dovuta nascente da obbligazioni contrattuali , ma ha anche equiparato in toto le pubbliche Amministrazioni ai privati. Infatti, dopo avere stabilito, all’art. 3, che il creditore ha diritto alla corresponsione degli interessi moratori, ai sensi degli articoli 4 e 5, salvo che il debitore dimostri che il ritardo nel pagamento del prezzo è stato determinato dall’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, dispone inequivocabilmente, all’art. 4, commi 1 e 2, non soltanto che gli interessi decorrono, automaticamente, dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento (cioè il termine stabilito in contratto) ma anche che ciò avviene automaticamente, senza che sia necessaria la costituzione in mora.
In mancanza di apposita previsione contrattuale, il termine, alla scadenza del quale gli interessi cominciano a decorrere, è fissato in trenta giorni, e decorre dalla data di ricevimento della fattura da parte del debitore o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente
Per quello che qui ci occupa e cioè per gli interessi di natura corrispettiva da determinarsi al tasso legale è principio consolidato che qualsiasi ritardo nell’adempimento, a partire dal momento stabilito con norma primaria o secondaria, dà luogo, secondo i principi civilistici, al diritto, in capo al creditore, di ottenere interessi nella misura legale. E ciò in virtù del principio, adesso ritenuto operante anche nei confronti delle pubbliche Amministrazioni, secondo il quale i debiti pecuniari sono di per sé e per chiunque fruttiferi; nel senso che il credito che l’amministrazione è tenuta a soddisfare ad una data scadenza, pure in difetto di domanda, è produttivo di interessi dalla stessa scadenza, anche se manchi l’impegno e l’ordinazione della spesa, e vi siano contestazioni sull’an e sul quantum.