In riferimento ad una sentenza del Giudice di pace, confermata dal Tribunale in grado di appello, concernente l’opposizione avverso verbali della Polizia Municipale per violazioni del Codice della Strada accertate con postazioni di controllo della velocità collocate su entrambi i sensi di marcia della strada, è stato proposto ricorso per Cassazione dal Comune di Arborea per l’annullamento delle suddette decisioni che avevano accolto le richieste degli intimati.
Il Tribunale aveva confermato la sentenza di annullamento dei verbali e di condanna della P.A. alle spese di lite, prendendo le mosse dall’art. 142, comma 6, del Codice della Strada, secondo cui gli Organi di Polizia Stradale possono utilizzare dispositivi e mezzi tecnici di controllo del traffico di cui deve essere data informazione agli automobilisti, precisando che l’art. 3 del D.L. n.117/2007 stabilisce che le suddette postazioni debbono essere preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all’impiego di cartelli e di segnali luminosi, conformemente alle norme stabilite nel regolamento di esecuzione del codice. Il giudice aveva evidenziato inoltre che la giurisprudenza di legittimità aveva chiarito che la ratio dell’informazione risiede nell’obbligo di civile trasparenza gravante sulla p.a., per cui la violazione di tale obbligo forma oggetto di sindacato del giudice ordinario e cagiona la nullità della sanzione eventualmente irrogata. La sentenza di appello riteneva inoltre che ai sensi dell’art. 2697 cod. civ. spettasse all’amministrazione l’onere della prova della conformità dei cartelli rispetto alle prescrizioni di legge.
La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 23566/2017 – SEZ. II CIVILE – ha rilevato la presenza di due errori nella sentenza del Tribunale in ordine all’applicazione dell’art. 80, comma 4, del D.P.R. n. 495/1992 (Regolamento di esecuzione del codice della strada) perché ciò che rileva è la concreta percepibilità e leggibilità dell’avviso di presenza della postazione di controllo ed inoltre perché grava su colui che propone opposizione all’ordinanza ingiunzione l’onere di provare la inidoneità della segnaletica ad assolvere la funzione di avviso, in modo da garantire il rispetto del limite di velocità, in una logica ispirata non dalla volontà di cogliere di sorpresa l’automobilista indisciplinato, ma dalla tutela della sicurezza stradale, di riduzione dei costi economici, sociali ed ambientali derivanti dal traffico veicolare, nonché di fluidità della circolazione.
Nella ordinanza, la Corte ha richiamato il principio affermato in una precedente sentenza secondo cui
“in tema di opposizione a sanzione amministrativa in materia di circolazione stradale, per violazione del limite di velocità, qualora l’opponente deduca non già la mancanza della segnalazione stradale relativa a tale limite, ma soltanto la sua inadeguatezza, incombe a lui di darne prova, attraverso la dimostrazione dii circostanze concrete e, non invece alla P.A. di provare l’adeguatezza”.
In conclusione, il ricorso del Comune è stato accolto con rinvio della causa al Tribunale in persona di altro magistrato, il quale procederà ad un riesame uniformandosi ai principi enunciati dalla Corte stessa.