La Cassazione – Sez. VI Civile –, con l’ordinanza n. 15444/2017 è intervenuta a decidere sul ricorso proposto per l’annullamento della sentenza della CTR Campania che aveva accolto gli appelli del Comune relativi ad avvisi di liquidazione ed irrogazione delle sanzioni ICI per gli anni 2007/2011 non riconoscendo la riduzione dell’imposta per la dimora abituale del nucleo familiare nell’immobile oggetto dell’accertamento.
La Suprema Corte ha preliminarmente dato atto dell’ammissibilità dell’unico ricorso avverso le cinque sentenze rese in unico contesto aventi tutte identica motivazione e dispositivo e scaturenti tutte dalla risoluzione della stessa questione di diritto, con ciò uniformandosi alla consolidata giurisprudenza di legittimità.
Poiché i motivi di ricorso si basano sulla dimostrazione che l’immobile in questione, situato nel comune di residenza anagrafica del ricorrente non costituisce dimora abituale anche della famiglia e che tale prova incombesse all’ente impositore, il Supremo Collegio ha ritenuto pacifica, in fatto, la sussistenza per gli anni di imposizione di due differenti situazioni riguardo alla residenza anagrafica di ciascuno dei componenti il nucleo familiare, risultando dalla certificazione la residenza in Casal Velino del ricorrente ed in Salerno quello della moglie. Di conseguenza, deve trovare conferma il principio espresso in una precedente sentenza della Corte, secondo cui in tema di Ici, ai fini della spettanza della detrazione e dell’aliquota agevolata prevista per le abitazioni principali dall’articolo 8 del decr. legisl. n.504/1992, prima della modifica apportata dalla Legge n. 296/2006, una unità immobiliare può essere riconosciuta abitazione principale solo se costituisca la dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche del nucleo familiare, non potendo sorgere il diritto alla detrazione nell’ipotesi in cui tale requisito sia riscontrabile solo nel ricorrente e difetti invece nei familiari. Nella fattispecie in esame spettava al contribuente fornire la prova della comune dimora abituale dell’immobile, per superare la presunzione relativa posta dal citato art. 8, comma 2, del decr. legisl. n.504/1992.
Il ricorso è stato, quindi, rigettato per manifesta infondatezza.