Il Comune di Palermo ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR Sicilia la quale, in riforma della decisione di primo grado, ha annullato la cartella di pagamento notificata ad una società per la TARSU 2012 su stabili alberghieri, con la motivazione che la delibera per la determinazione delle tariffe era stata adottata dalla Giunta Municipale in assenza di un atto regolamentare di spettanza del Consiglio Comunale, tanto più che il TAR Sicilia aveva annullato analoga delibera della G.M. per l’anno 2006.
La Suprema Corte, con l’Ordinanza n.17498/2017 della Sez. V Civile, pubblicata il 14 luglio 2017, è intervenuta a decidere su varie questioni sollevate dalle parti.
La società resistente ha chiesto la inammissibilità del ricorso del Comune per difetto della delega al difensore rilasciata dal “vice sindaco” anziché dal “sindaco”. La Corte ha ritenuto valida tale delega uniformandosi all’orientamento espresso dallo stesso Organismo secondo cui:
“in tema di rappresentanza processuale del Comune, la causa di impedimento del sindaco a firmare la procura alle liti direttamente si presume esistente in virtù della presunzione di legittimità degli atti amministrativi, restando a carico dell’interessato l’onere di dedurre e di provare l’insussistenza dei presupposti per l’esercizio dei poteri sostitutivi: sicchè è valida la procura conferita dal vice sindaco ancorchè sia stata omessa l’indicazione delle ragioni di assenza od impedimento del sindaco”.
Parimenti infondata è stata ritenuta l’istanza di rimessione pregiudiziale degli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ex articolo 267 TFUE, per interpretazione del diritto dell’Unione. Su tale punto, il Supremo Collegio ha preso in esame, ritenendole dirimenti in ordine all’esclusione della violazione del principio eurocomunitario del “chi inquina paga”, le sentenze CGUE del 24/6/2008 e del 16/7/2009 con le quali veniva rilevato che la normativa nazionale che prevede una tassa calcolata in base ad una stima del volume dei rifiuti e non sulla base del quantitativo effettivamente prodotto non può essere considerata in contrasto con l’art. 15, lettera a) della direttiva 2006/12, per cui nella materia le autorità nazionali dispongono di un’ampia discrezionalità per quanto riguarda le modalità di calcolo della tassa.
Riguardo all’eccezione sollevata dal Comune di Palermo circa la pretesa violazione e falsa applicazione dell’articolo 49 dello Statuto Comunale, nonchè degli articoli 4 della Legge 142/90 recepita con l’art. 1, lettera a) della L.R. Sicilia n.48/1991 e 13, c. 1. Della L.R .n. 7/1992, la Corte ha ritenuto che il motivo sia fondato, avendo la CTR Sicilia affermato l’incompetenza della Giunta Comunale nella variazione delle tariffe tarsu per l’anno in questione nonostante che la normativa citata demandasse al Sindaco tutti gli atti dell’amministrazione che dalla legge o dallo Statuto non fossero specificamente attribuiti alla competenza di altri Organi, come confermato da varie pronunce del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana che avevano ribadito la competenza della Giunta invece che del Consiglio Comunale.
Parimenti fondato, ad avviso della Corte, l’eccezione sollevata dal Comune circa la violazione e falsa applicazione degli articoli 68 e 69 del decr. legisl. n. 507/1993, e ciò in quanto la pretesa impositiva si basava su un Regolamento Tarsu approvato con delibera del Consiglio Comunale richiamato nella formazione del ruolo e recante tutti i parametri di legge, per cui la previsione regolamentare di una tariffa alberghiera anche superiore a quella applicata alle case di civile abitazione, deve ritenersi del tutto legittima, posto che la maggiore capacità produttiva di rifiuti di uno stabile alberghiero costituisce principio ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità.
Per tutte le considerazioni esposte, il ricorso del Comune è stato, quindi, accolto cassando la sentenza impugnata della CTR Sicilia.