Alcuni contribuenti hanno impugnato un accertamento di revisione del classamento catastale richiesto dal Comune ai sensi dell’articolo 1, comma 335, della Legge n. 311/2004, per immobili ubicati in Milano.
La Cassazione, con la sentenza n.21176/2016, in primo luogo ha ritenuto inammissibile la censura circa la omessa motivazione nella sentenza impugnata della CTR Lombardia sulla mancata giustificazione da parte dell’Agenzia del Territorio delle caratteristiche delle singole unità immobiliari da cui era derivata l’attribuzione della classe catastale superiore, senza inoltre che fosse stato effettuato un sopralluogo.
L’inammissibilità consegue alla considerazione che la censura riguarda l’avviso di accertamento e non, come dovrebbe, la sentenza del CTR impugnata non per violazione di legge, bensì per omessa motivazione.
Il Supremo Collegio ha affermato inoltre che il motivo è comunque infondato in quanto l’Avviso di accertamento indicava che si era proceduto da parte del Comune ad avviare il procedimento ai sensi della Legge n. 311/2004 (art. 1, comma 335), con la richiesta all’Agenzia della revisione del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata ubicate nelle microzone e con il recepimento della determinazione del Direttore dell’Agenzia, senza la necessità, perché non previsto, di un sopralluogo. Le suddette indicazioni sono apparse congrue e sufficienti ad assolvere l’obbligo di motivazione dell’atto.
I contribuenti hanno anche lamentato la violazione di legge in quanto solo in secondo grado l’Agenzia avrebbe prodotto la scheda delle microzone ed il prospetto con i calcoli, senza la possibilità di replica da parte loro. Il motivo è stato dichiarato infondato in quanto l’orientamento della Corte è nel senso che in materia di contenzioso tributario l’art. 58 del d.lgs. n. 546/1992 consente nel giudizio di appello la produzione di qualsiasi documento, anche se già disponibile in precedenza-
Sulla natura della richiesta del Comune agli Uffici dell’Agenzia del Territorio (ora Agenzia delle Entrate), la Cassazione ha dichiarato che trattasi di ATTO INTERNO previsto al solo scopo di facilitare l’azione amministrativa, per cui eventuali vizi possono essere fatti valere solo dall’Ente e non dal contribuente.