Interessante pronuncia della Cassazione (Ordinanza n.5627/2017) in merito ad una richiesta di rimborso, presentata dagli utenti, dell’IVA pagata sulle bollette emesse per la riscossione della (TIA) TARIFFA PER L’IGIENE AMBIENTALE, imposta che come è noto è stata dichiarata incostituzionale dalla CORTE DELLE LEGGI con la sentenza n. 238/2009, attesa la natura tributaria della TARIFFA stessa.
La vertenza scaturisce dalla sentenza del Giudice di Pace resa ai sensi dell’art. 113 c. 2 del c.p.c. (secondo cui il Giudice di Pace decide secondo equità) di condanna alla restituzione delle somme in questione, impugnata e confermata dal Tribunale di Genova.
Nel ricorso per Cassazione la società di gestione dei rifiuti ha sostenuto il decorso del termine di prescrizione breve ex art. 2948, c. 1 n-4, trattandosi del pagamento (la TIA) di somme richieste con il carattere della periodicità, ad anno, e non quindi assoggettabile alla prescrizione ordinaria.
Sul punto, il Supremo Collegio ha ritenuto che diverso è il diritto dell’Ente gestore del Servizio Rifiuti di percepire la somma a periodi annuali, dal diritto di credito degli utenti a “ripetere” le somme indebitamente versate, che non integra una pretesa periodica avente titolo in un rapporto contraddistinto da una “causa di durata”, rimanendo pertanto regolato dall’art. 2033 c.c. e soggetto all’ordinario termine di prescrizione: principio questo consolidato nella giurisprudenza di legittimità.
Sulla violazione delle norme in materia di “rivalsa dell’IVA”, con richiamo anche alle interpretazioni della Corte di Giustizia UE, la Corte ne ha rilevato la infondatezza, anche alla luce della citata pronuncia della Corte Costituzionale n. 238/2009 la quale, sulla non assoggettabilità ad IVA della TIA ha stabilito che”la rilevata inesistenza di un nesso diretto tra il servizio e l’entità del prelievo – quest’ultima commisurata, come si è visto, a mere presunzioni forfetarie di producibilità dei rifiuti interni ed al costo complessivo dello smaltimento anche dei rifiuti esterni – porta ad escludere la sussistenza del rapporto sinallagmatico posto alla base dell’assoggettamento ad IVA ai sendi degli artt. 3 e 4 del DPR n. 633/1972 e caratterizzato dal pagamento di un “corrispettivo” per la prestazione di servizi”.
Di conseguenza, il ricorso dell’ente gestore dei rifiuti è stato respinto.