L’occupazione di suolo pubblico con i cassonetti da parte dell’azienda che svolge in appalto il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani è soggetta alla TOSAP, non potendo godere della esenzione prevista nel decr. legisl. n. 507/1993, art. 49,comma 1, lettera a) (esenzione per gli enti territoriali) e lettera e) (occupazione di suolo pubblico con impianti dei quali è prevista la devoluzione gratuita in favore del Comune al termine della concessione). È quanto ha deciso la Corte di Cassazione – Sez. V Civile – con la sentenza n.22490/2017, sul ricorso proposto dalla soc. ICA concessionaria dell’accertamento e della riscossione del tributo, avverso la sentenza della CTR Lombardia che ha confermato la decisione CTP Pavia di annullamento degli AVVISI TOSAP per gli anni 2005/2008 relativi ad occupazioni dell’ASM con i contenitori per la raccolta dei rifiuti.
La società ricorrente ha censurato la sentenza CTR peravere escluso il presupposto della tassazione sul rilievo che l’esecutore del servizio rifiuti opera solo come mero sostituto del Comune, in tal modo equiparando il soggetto pubblico titolare del diritto ed il soggetto privato incaricato della esecuzione del servizio.
La Suprema Corte ha rilevato come nel caso di specie non si possa parlare di mancanza del presupposto impositivo dal momento che le previsioni del decr. legisl. n. 507/1993, (art. 38) riguardano qualsiasi tipo di occupazione delle strade e degli altri beni demaniali, anche senza titolo, e l’art. 39 dispone che anche le occupazioni abusive o di fatto rivestono la qualifica di soggettività passiva. Di conseguenza, va censurata la sentenza impugnata nella parte in cui deduce la mancanza del presupposto impositivo nel fatto che l’utilizzo dei contenitori è stato imposto all’ASM dal Comune a tutela di interessi pubblici di igiene e di pubblico decoro, mentre il servizio non è svolto direttamente dal Comune ma affidato in esecuzione di un contratto di appalto. Quindi, ad avviso della Corte, non ricorre nemmeno l’esenzione soggettiva accordata agli enti territoriali di cui all’art. 49, comma 1, lettera a) in quanto il contratto che lega l’ASM al Comune non può configurarsi come CONCESSIONE, ma come APPALTO, né risulta la devoluzione gratuita degli impianti alla fine del rapporto, per cui si è in presenza di un servizio per conto del Comune in cui la strada non costituisce l’oggetto dell’intervento appaltato, ma viene occupata ai fini dell’appalto in cui non assume alcun rilievo il fatto che la collocazione dei cassonetti sia stata imposta dal Comune.
E’ stata altresì ritenuta infondata l’eccezione opposta con controricorso dall’ASM circa la inammissibilità del ricorso per decadenza dell’impugnazione che, sulla base del combinato disposto dell’art. 38 del decr. legisl. n. 546/1992 e dell’art. 327 c.p.c. avrebbe dovuto essere proposta entro sei mesi dalla pubblicazione della sentenza. La Corte ha infatti ritenuto che la disposizione che ha abbreviato a sei mesi il suddetto termine trova applicazione solo nei giudizi iniziati dopo il 4 luglio 2009, mentre la controversia in oggetto ha avuto inizio nel 2008.